Stupro fuori dalla discoteca, il legale del 22enne arrestato: «Nessuna violenza sessuale, i calzoni si sarebbero strappati»

Il tribunale di Rimini
PESARO - Un’altra versione, un’altra verità sullo stupro di Cattolica per cui è finito in carcere un albanese di 22 anni di Vallefoglia, arrestato...

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PESARO - Un’altra versione, un’altra verità sullo stupro di Cattolica per cui è finito in carcere un albanese di 22 anni di Vallefoglia, arrestato domenica mattina dai carabinieri per violenza sessuale nei confronti di una 20enne pesarese che si sarebbe consumata nel parcheggio di una discoteca sulla spiaggia. Ieri mattina il 22enne albanese ha parlato per più di un’ora davanti al Gip Manuel Bianchi del tribunale di Rimini, durante l’interrogatorio di garanzia dopo l’arresto.

 

Ricostruzione

Lui ha negato ogni addebito ripetendo più volte al magistrato: «Non l’ho violentata». Poi ha ripercorso quanto successo nel parcheggio nella notte tra sabato e domenica. Il ragazzo, difeso dall’avvocato Marco Defendini del Foro di Pesaro, ha respinto tutte le accuse, quindi, dicendo di non aver costretto la giovane a subire una violenza. «Per noi è una violenza anomala – spiega l’avvocato Defendini - la ragazza non aveva abrasioni né segni di lesioni. Il pronto soccorso infatti conferma il rapporto, ma non la violenza. È stato un rapporto consenziente, si sono appartati insieme. Lui ha detto che i pantaloni se li è tolti lei. Erano attillati, se li avesse tolti con forza si sarebbero strappati. Anche per questo chiederò una perizia sui vestiti». Un racconto circostanziato, secondo quanto asserito dall’avvocato difensore del 22enne: «Non ha usato la forza, anzi quando lei si è fermata, lui ha smesso. Lei si è rivestita e se ne è andata. Non c’è stato un rapporto ripetuto e completo, altro elemento su cui chiederò un riscontro al pronto soccorso. Non erano ubriachi, non ci sono segni di violenza sulle braccia. Ci sono delle abrasioni sulla schiena perché si sono appoggiati a terra sul breccino. Questi sono tutti elementi da approfondire. E lo faremo anche cercando immagini di telecamere. Un parcheggio in cui c’erano altre coppie e un lasso di tempo durato 10 minuti, in cui lei avrebbe anche ricevuto delle chiamate al telefonino. Il ragazzo le ha persino chiesto se voleva rispondere al cellulare e ha detto al giudice il nome di chi chiamava». 

La vittima

La giovane che ha denunciato la violenza tramite l’avvocatessa Elena Fabbri ha parlato di un «fatto di estrema gravità che la segnerà per sempre». L’avvocato Marco Defendini vuole precisare alcuni aspetti: «Non si crei il mostro come si sta facendo in questi giorni. Soffre lui e soffre la sua famiglia allo stesso modo di come soffre la giovane. Rispettiamo la ragazza, ma deve essere un giudice a dire come sono andate le cose. Ci sono elementi da verificare e per noi è ingiustamente in galera e dipinto come mostro». 

Le botte

Altro punto le botte all’amico di lei che avrebbe ricevuto il messaggio in codice con la richiesta d’aiuto da parte della ragazza. «E’ vero che ha dato un cazzotto all’amico di lei, ma perché sembrava che lo volessero a loro volta aggredire e picchiare. Per questo ha reagito». Defendini chiude: «Abbiamo quindi chiesto la scarcerazione è in subordine i domiciliari con braccialetto visto che il ragazzo è regolare e lavora come muratore». Il giudice si è intanto riservato la decisione.

 

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Corriere Adriatico