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PESARO - Diffamazione nei confronti di Umberto Carriera, un insultatore finirà a processo, un altro caso invece è stato archiviato. Nei giorni scorsi davanti al gip sono finiti due casi distinti e che entrambi in un primo momento erano stati archiviati dal pm.
L’avvocato che tutela Carriera, il ristoratore noto anche per essere tra i fondatori del movimento IoApro che si oppone alle restrizioni governative, Federico Bertuccioli ha presentato l’opposizione all’archiviazione. Ieri i due provvedimenti sono stati notificati agli avvocati.
L’avvocato Bartolucci sottolinea: «Il giudice ha accolto la nostra opposizione all’archiviazione e ora verrà esercitata l’azione penale. Andremo avanti con la diffamazione. Il Gip ha tracciato una linea di confine tra il diritto di critica e quello che va oltre la continenza verbale. Ha accolto il nostro orientamento in quanto l’offesa non è rivolta alle azioni di Carriera, ma alla sua persona. Ci conforta perché viene posto un limite sui social utilizzati spesso in maniera errata e maleducata. È sbagliato sdoganare un linguaggio sbagliato come se sui social si possa dire tutto». Bertulucci sottolinea che altri due procedimenti sono stati incardinati. In quel caso oltre agli insulti anche la minaccia di «dar fuoco al ristorante». Lo stesso Carriera sulla sua pagina Facebook scriveva qualche giorno fa. «Saranno processati i primi due dei tanti leoni da testiera che poco più di un anno fa mi insultarono su Facebook, minacciandomi. Mi costituirò parte civile al fine di richiedere il risarcimento del danno».
Sempre ieri il giudice ha invece archiviato un’altra posizione, quella di una ragazza che commentava un articolo di giornale in coda a un post di protesta contro le restrizioni covid. «Chiamatelo come pagliaccio alle feste che a forza di metterlo sul giornale si rischia che lo si usi come carta igienica». Per l’avvocato Matteo Mattioli, che tutela la ragazza indagata, si trattava di una critica rivolta allo spazio concesso dai giornali. «Condividiamo integralmente le motivazioni del giudice Gasparini. La mia assistita ha inteso criticare del tutto legittimamente le azioni avventate e pericolose poste in essere dal ristoratore ribelle, in spregio alle norme sulla pandemia imposte dal Governo. Nel caso di specie le espressioni proferite dalla mia assistita non erano riferite al ristoratore in questione, ma alla sua azione pubblica sovversiva».
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Corriere Adriatico