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PESARO - Lunedì da incubo in carcere dove solo grazie al tempestivo e intervento della polizia penitenziaria si è impedito che una detenuta si togliesse la vita. Spiega il segretario regionale Sappe Nicandro Silvestri: «La donna detenuta era in un particolare stato di agitazione perché chiedeva insistentemente di avere delle sigarette. Ha tentato il suicidio cercando di impiccarsi con una vestaglia.
Ed è qui che un “angelo azzurro”, una giovane poliziotta penitenziaria, è intervenuta. Fondamentale è stato il lavoro di squadra delle varie poliziotte in servizio, che hanno reso possibile il salvataggio.
«L’ennesimo suicidio sventato di una detenuta in carcere dimostra come i problemi sociali e umani permangono, eccome, nei penitenziari, al di là del calo delle presenze. E si consideri che negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della polizia penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 23mila tentati suicidi ed impedito che quasi 175mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze», aggiunge il segretario generale del Sappe Donato Capece. Il leader nazionale del Sappe richiama un pronunciamento del Comitato nazionale per la Bioetica che sui suicidi in carcere aveva sottolineato come «il suicidio costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina. La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Proprio il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri. Gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, e l’Italia è all’avanguardia. Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti».
Sulla vicenda è intervenuto anche il parlamentare della Lega Luca Rodolfo Paolini: «Ancora una volta la polizia penitenziaria, a cui va il mio plauso, salva la vita a una detenuta che aveva deciso di farla finita. Appena possibile tornerò a Villa Fastiggi per sapere come si sono svolti i fatti. I poliziotti sono anche psicologi, confidenti, prestatori di piccole somme di denaro, vittime prime di aggressioni dentro e fuori le carceri. Carceri che sono vetuste, indegne di un paese civile. Carceri che, nonostante i proclami, sono in gran parte quelle di sempre: antiche, fatiscenti, tecnologicamente arretrate, con poco personale di vigilanza e ancor meno educativo».
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Corriere Adriatico