PESARO - C’eravamo tanto armati. Ma se la passione per lo sparo, fino a qualche anno fa, era quasi esclusivamente di chi metteva nel mirino beccacce e lepri, oggi il feeling...
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Tra gli acquirenti ci sono sempre più giovani. E su 10 clienti, due sono donne. «Poi c’è anche il cacciatore ottantenne che, come un rito, compra un pacco di cartucce e ci fa tutta la stagione: ma sono sempre di meno – fa notare Alessandrini -. Da inizio anno, invece, solo due clienti avevano il porto d’armi per la difesa personale». La tendenza è chiara: se sull’estinzione apparente dei cacciatori possono aver influito tasse e ricambio generazionale (circa il -40%, nelle Marche, negli ultimi 15 anni), la chiamata alle armi sportive è in realtà sempre più un aggiramento rapido ed efficace della domanda del porto d’armi per la difesa personale concesso, altrimenti, oltre che a militari e forze dell’ordine, solo ad altre pochissime categorie a rischio (ad esempio, i gioiellieri). Il tiro sportivo, con picco per quello dinamico, diventa quindi sia un escamotage sia un vestito mentale che, incalzato dalla cronaca di tutti i giorni, infonde sicurezza tra le quattro mura domestiche. In sintesi: ottengo un’arma, imparo ad usarla e la posso tenere in casa. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico