PESARO - Un’altra perizia per chiudere il cerchio sul caso della morte di Alessandro Grassetti, 70 anni, imprenditore di Montecchio di Vallefoglia morto oltre 4 anni fa...
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Dove il corpo dell’uomo è stato ritrovato non c’erano quadri elettrici e anche il reparto di verniciatura, facilmente infiammabile, non è stato interessato dall’incendio poichè si trovava isolato e lontano dal punto in cui si è sviluppato il rogo. L’incendio aveva interessato una porzione molto piccola della struttura, nella parte centrale, in un’area di poco più di 100 metri quadri. Le cause dell’incendio non erano chiare e nessuna ipotesi fu esclusa anche se l’origine dell’incendio sembrava probabilmente accidentale. L’imprenditore lasciava moglie e tre figli. Ma la procura di Pesaro ha continuato a indagare sull’ipotesi che l’incendio potesse essere di origine dolosa e dunque anche sul giallo della morte di Grassetti perché era ancora vivo quando fu dato alle fiamme. Una morte atroce, con il Nia, il reparto investigativo dei vigili del fuoco, i Ris dei carabinieri, il collegio perietale che hanno escluso che si potesse trattare di un incendio divampato per cause accidentali. Alessandro Grassetti, nonostante fosse in pensione continuava ad andare al lavoro ogni giorno, per portare avanti la piccola azienda di famiglia fondata nel ‘70, una società che non aveva dipendenti fissi. Anche nel giorno dell’incendio era intento a montare i mobili componibili di una camera per bimbi quando improvvisamente nel locale è scoppiato l’incendio che alimentato dalla presenza del legno ha divorato le suppellettili e avvolto l’anziano come una torcia. La famiglia Grassetti è molto conosciuta a Montecchio, Oscar e Alessandro erano i figli del postino del paese, una figura rimasta ancora nella memoria di tanti. In un primo momento secondo il racconto di alcuni testimoni prima si sono alzate le fiamme, poi una coltre di fumo densa e nera visibile a diversi chilometri di distanza.
Erano le 11,30 quando i vigili del fuoco sono arrivati sul posto con due automezzi e una decina di uomini, hanno sfondato i vetri delle finestre e sono riusciti a entrare nel capannone l’anziano era già senza vita. L’eventualità di un gesto volontario fu respinta da Diego, il figlio maggiore della vittima, parlava di incongruenze (rilevate dalla Procura) riguardo un suicidio. L’allarme fu dato almeno un’ora dopo che le fiamme avvolsero parte del capannone. Il fratello disse di non essersi accorto di nulla perché si trovava in un ufficio, molto lontano dalla zona della lavorazione dove nel frattempo stava bruciando. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico