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PESARO - Pedinata in centro storico, seguita fino al corridoio del suo garage e rapinata del Rolex. Il racconto di quegli attimi interminabili e la sentenza di condanna per uno dei due rapinatori. Ieri mattina davanti al collegio del tribunale di Pesaro l’ultimo atto di un fatto di cronaca avvenuto il 30 giugno 2019 e che scosse la città.
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li agenti della squadra mobile della Questura di Pesaro non hanno mollato un centimetro e indizio dopo indizio hanno arrestato i due responsabili. Alla sbarra un 43 enne campano, con precedenti specifici per rapina, difeso dall’avvocato Emilio Giugliano del foro di Napoli. Una donna di 62 anni fu minacciata di morte e rapinata del suo Rolex Submariner.
In aula ha ripercorso quella terribile giornata. «Era domenica pomeriggio, stavo rientrando dal mare e ho percorso viale della Repubblica, poi via Gramsci, viale XI Febbraio e infine via Bixio.
Un’indagine certosina culminata in una giornata di gennaio, quando uno dei due fu sorpreso in centro storico mentre era in bicicletta. Alcuni passanti ne notarono la presenza perché guardava insistentemente alcune persone. Forse nuovi obiettivi. Così segnalarono tutto ai poliziotti che sono intervenuti per identificarlo. Con sé aveva un documento falso, la carta di identità del fratello con la sua foto. Tramite le impronte digitali e il fotosegnalamento erano riusciti a risalire alla sua vera identità e soprattutto al fatto che era evaso dai domiciliari a Napoli. Non era sfuggita la somiglianza dell’uomo con uno degli autori della rapina di due mesi prima. Bingo. Da qui sono risaliti al complice, hanno raccolto tutte le prove e sono scattate le manette. Uno dei sospettati, residente a Napoli ma di fatto senza fissa dimora, è stato rintracciato a Pesaro in una struttura di accoglienza che lo ospitava. Mentre il primo imputato ha avuto una condanna a 4 anni con rito abbreviato, l’altro ha scelto il rito ordinario.
Ieri si è presentato in aula, (è ai domiciliari in una struttura di recupero ndr), e l’avvocato ha chiesto alla signora se lo avesse riconosciuto con certezza. La risposta è stata no. Ma era alquanto difficile vedere qualcosa in quei frangenti con le mani sulla bocca. Troppo poco rispetto alle prove della Mobile, tanto che il collegio ha condannato l’uomo a 7 anni. Il pubblico ministero ne aveva chiesti 9 anni e 6 mesi. La difesa promette l’appello.
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Corriere Adriatico