Pesaro, mamma non assunta perchè ha troppi tatuaggi: «Discriminazione»

Un tatuaggio di un acchiappasogni
PESARO - È per sempre. Un diamante? No, il tatuaggio. Nel bene e nel male. Perché anche se hai più di 13 anni di esperienza lavorativa e sei madre di tre...

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PESARO - È per sempre. Un diamante? No, il tatuaggio. Nel bene e nel male. Perché anche se hai più di 13 anni di esperienza lavorativa e sei madre di tre figli, a un colloquio di lavoro in un noto albergo di Cattolica, per un posto da cameriera ai piani e poi in cucina per lavare i piatti (quindi, non esattamente a contatto con il pubblico), puoi sentirti dire: «Quei tatuaggi si possono coprire?». È accaduto a una signora di 47 anni residente nel Pesarese. Che poi, ovviamente, quel posto da 1700 euro al mese per 7 giorni di lavoro su 7, senza giorno libero, da giugno fino a fine stagione, non l’ha più ottenuto. Badate bene: i tatuaggi in questione non sono sul volto o sulle mani come i rapper e, a scanso di equivoci, non riportano simboli che rappresentano l’affiliazione a gang criminali.

«Mi era accaduta la stessa cosa 10 anni fa, speravo che le cose fossero cambiate. All’epoca aveva due tatuaggi piccoli sui polsi: uno astratto e un diavoletto mai finito - racconta la signora-. Adesso ne ho alcuni comunissimi: un acchiappasogni delicatissimo dietro al gomito destro e uno sul gomito sinistro con il nome di mio marito più un mandala che scende dalle spalle. In totale ne ho 13 in tutto il corpo. Faccio questo lavoro dal 2005: il padrone di un’attività, ovviamente, decide come meglio crede ma così, nel 2018, non si premia la professionalità, la cordialità, l’esperienza e la bravura nel lavoro di una persona che, peraltro, lavora in divisa. Al cliente, forse, interessa la bravura e non il tatuaggio. Questa discriminazione mi ha molto ferito, per questo ho deciso di condividerla su Facebook». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico