Aggredito perché gay fuori dalla discoteca: tre giovani a processo, c'è anche una ragazza

Aggredito perché gay fuori dalla discoteca: tre giovani a processo, c'è anche una ragazza
PESARO - Aggredito fuori dalla discoteca perché gay: ieri si è svolta la prima udienza del processo. Una vicenda che ha creato grande impressione in tutta...

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PESARO - Aggredito fuori dalla discoteca perché gay: ieri si è svolta la prima udienza del processo. Una vicenda che ha creato grande impressione in tutta l’opinione pubblica. L’attenzione è alta perché episodi come questi non devono ripetersi tanto che si sono costituiti parti civili nel processo Arcigay Pesaro Urbino, Anpi e Gens Nova. L’obiettivo è quello di far equiparare la violenza di genere al razzismo. Era il 13 ottobre del 2019 quando accaddero i fatti. A finire sul banco degli imputati tre giovani accusati di lesioni personali aggravate dal “motivo abietto della discriminazione sessuale” e atti persecutori. Si tratta di un 20enne albanese, operaio, pregiudicato, un 27enne di origini napoletane, studente, pregiudicato e una ragazza di Cattolica, studentessa di 27 anni, tutti di Vallefoglia.

 

I carabinieri hanno ricostruito anche i loro ruoli, con il 19enne che sarebbe stato il primo a iniziare tra insulti e spinte con tanto di pugni al momento dell’arrivo dell’ambulanza. Il 26enne aveva estratto anche il coltello mentre la ragazza impedito la fuga della vittima tenendogli ferme le braccia. 

Il racconto

La vittima, difesa dall’avvocato Christian Guidi, aveva raccontato: «Mi ha afferrato per il collo con entrambe le mani, mi ha detto “Brutto gay! Qui non puoi stare in questo locale. Vattene via o ti ammazzo!”». Alcune sue amiche gli sono andate in soccorso, ma contestualmente altri amici dell’aggressore, hanno iniziato ad insultarlo. Qui sarebbe intervenuto il secondo ragazzo imputato. “Non ti conviene toccarmi, ho il coltello! Vuoi difenderti?”. Quando lo studente è salito in auto il primo aggressore è tornato nuovamente sbattendo contro i finestrini. «Mi gridava gay esci dall’auto, sfondo i vetri e ti ammazzo, ti faccio un buco in pancia». Il ragazzo non aveva retto più ed era svenuto. Poi la corsa in ospedale, le ferite e l’ansia. Arcigay interviene sul caso: «Dichiariamo a gran voce che omotransfobia è razzismo e che questi fenomeni, identici nel loro meccanismo sociale, in realtà dalla legge sono trattati in modo diverso. 

Futili motivi

L’avvocato della vittima, il pesarese Christian Guidi, commenta così al termine dell’udienza: «Siamo dispiaciuti che la Procura, pur avendo riconosciuto i futili motivi, non abbia voluto riconoscere l’aggravante di discriminazione a sfondo razziale prevista dall’articolo 604/ter del codice penale. Le aggressioni generate dall’odio omolesbotransfobico hanno infatti lo stesso carattere di quelle a sfondo razziale, in quanto assumono un carattere evolutivo-discriminatorio che le equiparano agli episodi di violenza che colpiscono le persone di altre etnie». A parlare in aula stamattina è stata anche l’Anpi di Pesaro, che non si è costituita parte civile ma che è intervenuta a sostegno morale del ragazzo.


L’avvocato ha poi raccontato come la vittima sta vivendo questo periodo: «Nonostante varie problematiche sta trovando la forza di andare avanti. Purtroppo la sua famiglia non sa niente né del suo orientamento sessuale né dell’aggressione che ha subito, ma per fortuna i suoi amici e le associazioni gli sono stati e gli stanno vicino». Il Marche Pride e l’Anpi Pesaro e Urbino oggi si mettono dalla parte della vittima dell’odiosa aggressione di Vallefoglia e di tutte le vittime che non hanno la forza di raccontare. 

 

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Corriere Adriatico