Sos Guardia medica, all’appello rispondono solamente in quattro. Ci sono ancora decine di turni scoperti. Ecco cosa può succedere

Sos Guardia medica, all’appello rispondono solamente in quattro. Ci sono ancora decine di turni scoperti. Ecco cosa può succedere
PESARO - La risposta attesa non è arrivata e non c’è nessuna “corsa” dei medici di medicina generale a coprire i turni di Guardia medica, che...

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PESARO - La risposta attesa non è arrivata e non c’è nessuna “corsa” dei medici di medicina generale a coprire i turni di Guardia medica, che restano così ancora scoperti. Il termine ultimo indicato da Asur-Area Vasta 1 per raccogliere le adesioni della medicina generale, è scaduto il 18 novembre scorso.

 

 

Solo quattro sono le disponibilità finora pervenute all’attenzione del direttore di Area Vasta 1, Romeo Magnoni. Tre medici hanno dato disponibilità a coprire i turni a Fossombrone e nell’entroterra ma solo un medico di famiglia ha scelto la postazione di Pesaro. Il tavolo di confronto con l’assessore regionale alla Salute Filippo Saltamartni, chiesto da Fimmg Marche (Federazione italiana medici di medicina generale) non è ancora stato calendarizzato. 


Nessun incontro
Il tempo stringe e dicembre è alle porte con altrettante decine di turni scoperti. “L’extrema ratio” ovvero l’ultima ipotesi al vaglio di Asur Marche e Area Vasta potrebbe essere l’attivazione di una centrale telefonica unificata a supporto delle postazioni scoperte di qui a fine anno e, salvo urgenze, con una consulenza del medico di turno, solo telefonica. I numeri: i medici disponibili alla postazione di Pesaro, ben conoscono i numeri o per meglio dire le carenze comuni alle sedi di continuità assistenziale dalla città al resto del territorio. Per garantire il servizio di Guardia nel mese di dicembre a conti fatti, mancano in questo momento circa 45 medici. Se considerate nell’insieme le postazioni di continuità assistenziale attive in Area Vasta, le disponibilità di medici sono quattro volte di meno rispetto al numero di professionisti, che servirebbero invece al territorio. Solo a Pesaro, gli incarichi tuttora vacanti sono la metà degli incarichi da coprire in tutta la provincia. «Nessun segnale, nel frattempo sembra arrivare dal Servizio regionale Salute – osserva il medico guardista Alessandro Betonica – va detto che la preoccupante carenza di medici non è solo da attribuirsi agli specializzandi, che sono passati alle scuole di formazione medico specialistica ma anche in quest’ultimo mese altri medici guardisti sparsi sul territorio provinciale, hanno lasciato il servizio per trasferirsi in altre Aree Vaste emiliano-romagnole, incentivando la mobilità in uscita verso altre Regioni». 


Lato pratico
Al lato pratico i medici che attualmente coprono turni e postazioni accorpate sono gli stessi che hanno deciso di continuare il servizio di Guardia oltre i sei mesi consentiti e previsti dalla normativa, fino al nuovo anno. Il servizio: se questa è l’ultima fotografia scattata al 18 novembre, dal primo dicembre per i Distretti sanitari di Urbino e Fano potrebbe profilarsi sulla base del nuovo piano in elaborazione, la possibilità di giorni di accorpamento del servizio di Guardia. La sede di continuità di Pesaro città invece potrebbe lavorare in regime ancora più ridotto e per questo è al vaglio il perfezionamento di una centrale telefonica unica per filtrare le chiamate in arrivo per il turno notturno 20-08 del mattino. Le sedi di Vallefoglia e Gabicce-Gradara sono destinate a restare ancora chiuse. Il sistema allo studio, anticipato a inizio novembre, prevede la messa in funzione di una Centrale della continuità assistenziale distrettuale per gestire proprio le chiamate dei pazienti-utenti nel caso di un unico medico in servizio alla sede di Pesaro o di nessun medico disponibile, oppure ancora in caso di uscita di entrambi i medici in servizio. 


Pronto soccorso, rischio imbuto


La centrale sarà attiva per Pesaro in modalità alternata con le altre postazioni. In pratica ciò significa riversare le chiamate sulle postazioni limitrofe di Fano e Urbino con la presa in carico dei medici che fanno capo a quei territori. Il rischio è che nell’impossibilità di poter usufruire del servizio i pazienti finiscano con il riversarsi sul Pronto soccorso (o sul 118) rischiando un congestionante effetto imbuto.

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Corriere Adriatico