- Tutti gli articoli del sito, anche da app
- Approfondimenti e aggiornamenti live
- Le newsletter esclusive
OFFERTA SPECIALE
PESARO - Una passeggiata mattutina sul lungomare per rischiarare i pensieri si trasforma facilmente in una involontaria passerella politica quando sei Matteo Ricci all’indomani dello scoppio della notizia del proprio avviso di garanzia. Il candidato dem alla Regione si è riaffacciato, dopo una pausa dai riflettori della campagna elettorale, venendo accolto dai suoi concittadini con pacche sulle spalla e gesti di solidarietà. Ma nemmeno quei «Forza Matteo» ripetuti per tutto il lungomare pesarese sono bastati a riportare, sul volto leggermente tirato da una calma ostentata, il sorriso di sempre.
Lo sfogo
Forse si era trattato di un giro di prova prima dell’appuntamento elettorale di ieri pomeriggio al lido di Fermo, dove è stato accolto come una star. E i prodromi c’erano tutti, a giudicare dall’accoglienza pesarese. Tanto che Ricci si è sentito libero di sfogarsi un po’, vuole il caso, mentre camminava a poche centinaia di metri dall’opera che ha fatto partire tutta l’indagine: «Ma a me che importava chi costruiva il Cascone? Se lo faceva l’azienda A o l’azienda B?» si chiedeva.
Dal Comune
Ad accompagnarlo c’era Daniele Vimini, vicesindaco e candidato nella lista per Ricci presidente.
L’amaro in bocca
Ha lasciato infatti l’amaro in bocca a molti l’attacco del suo video: «Quando un sindaco governa ha tantissimi collaboratori. Se eventualmente un collaboratore sbaglia, il sindaco è parte lesa». Primo fra tutti Franco Arceci, suo ex braccio destro e anche lui indagato nel caso Affidopoli. Dopo essere stato per una decina di anni il capo di Gabinetto di Ricci, che lo aveva definito «il nostro Cr7», quelle parole, suonano come un’offesa per Arceci, che di Ricci non vuole più saperne.
«Lasciamo perdere» ha liquidato al telefono, sereno ma stizzito. «Un’uscita infelice, che si poteva risparmiare» ha commentato l’avvocato Maurizio Terenzi, difensore di Arceci insieme all’avvocato Alberto Bordoni. «Ma il mio assistito andrà molto volentieri all’interrogatorio fissato per il 31 luglio. Siamo pronti a chiarire tutta l’attività svolta da Arceci, ora che abbiamo finalmente in mano il fascicolo».
Fare chiarezza
E mentre iniziano a moltiplicarsi le richieste di rinvio degli interrogatori da parte degli altri indagati, Terenzi si discosta totalmente da questa scelta: «Ma quali rinvii? Non servono a nulla. Andiamo molto volentieri e accogliamo di buon grado quel momento per fare finalmente chiarezza».
Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico