Pesaro, capitan Ambrosini ed il Milan venduto ai cinesi: «Ho il vuoto dentro»

Massimo Ambrosini e Silvio Berlusconi
PESARO - E’ calato anche ufficialmente il sipario sul calcio di stampo romantico. Perché - al di là di ogni bandiera, sportiva o politica che sia -...

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PESARO - E’ calato anche ufficialmente il sipario sul calcio di stampo romantico. Perché - al di là di ogni bandiera, sportiva o politica che sia - l’addio al Milan di Silvio Berlusconi lascia un velo di tristezza nel cuore di chiunque sia cresciuto a pane e pallone. Qualcuno dice che una fra le prime mosse della nuova società milanista sia quella d’ingaggiare una bandiera che leghi presente e passato. Chissà che non si sia fatto un pensierino anche a Massimo Ambrosini, pesarese doc che, appese le scarpette al chiodo, si divide fra la famiglia, gli studi di Sky Sport e qualche capatina nella città dove è nato e cresciuto. Ma cosa ha lasciato in Ambro l’addio di Berlusconi? «Un senso di vuoto - la risposta di chi è entrato nella famiglia rossonera da ragazzino, uscendone uomo con la fascia di capitano al braccio del club più titolato al mondo -. Un ciclo unico e irripetibile, che rimarrà nella storia del calcio. In questi giorni, a livello personale, si sono risvegliati in me tanti ricordi vissuti in 18 stagioni splendide. Ricordi sempre presenti ma resi ancora più vivi dal momento». Ambrosini non fatica a definire Berlusconi una persona innovativa: «Un rivoluzionario, che ha permesso a generazioni su generazioni di sognare. Non si è “accontentato” di creare una squadra vincente (addirittura 29 i trofei alzati al cielo nei 31 anni di gestione, ndr) ma ha preteso che fosse anche bella. Ogni volta che veniva a trovarci a Milanello, la sua figura emanava un carisma unico che colpiva chiunque».
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Corriere Adriatico