Droga, 300 richieste d'aiuto all'anno all'Avap: «Politica assente, famiglie sole: il Covid è stato una bomba»

L'inaugurazione della sede dell'Associazione antidroga volontari Pesaro a Pian Mauro
TAVULLIA «Quante persone abbiamo aiutato? Migliaia. E me le ricordo una ad una». Parla da mamma, Paola Uguccioni, presidente di Avap, Associazione volontariato...

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TAVULLIA «Quante persone abbiamo aiutato? Migliaia. E me le ricordo una ad una». Parla da mamma, Paola Uguccioni, presidente di Avap, Associazione volontariato antidroga Pesaro con sede a Pian Mauro: «Qui facciamo il lavoro sporco prima di mandare i ragazzi, i miei ragazzi, a San Patrignano – spiega -. Ridiamo affetto, cerchiamo di riempire il vuoto interiore. Un drogato non è in grado di chiedere aiuto, è come nelle sabbie mobili con una mano fuori: ha bisogno che qualcuno gli tenda un appiglio». Trecento richieste ogni anno. «Alcuni abbandonano, altri ritornano. Attualmente abbiamo una decina di ragazzi in percorso. In 30 anni non sono cambiate le dinamiche ma il problema droga per le istituzioni pare non esista quasi più». 

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L’Avap ufficialmente ha aperto nel 1994 ma è operativa fin dal 1992. «È nata con me e Vincenzo Muccioli, il fondatore di San Patrignano – racconta Paola Uguccioni - Io venivo dall’esperienza di mio figlio, ricordo bene la mia solitudine di mamma. Muccioli ci disse: qui siete più marchigiani che romagnoli, avete buon cuore e volontà, è ora di fare un’associazione a Pesaro». Così, con un gruppo di genitori, partì l’avventura. «Ricordo ancora il 1994-95: entrarono una marea ragazzi, quasi solo di Tavullia, come ci fosse una epidemia». La sede, oggi, si trova in strada Pian Mauro 19. «È stata concessa dal Comune di Tavullia in comodato d’uso. Prima eravamo all’ex cinema di Borgo Santa Maria. Siamo una goccia nel mare ma ci siamo - avvisa la presidente -. E io sono presente dalla mattina alla sera». 

L’associazione, all’inizio, era referente per tutte le Marche. Ora lo è solo per la nostra provincia (anche se spesso arrivano famiglie da fuori). Bussano alla sua porta per conoscenza o indirizzate da San Patrignano. Il contesto è simil comunitario ma solo diurno: nessuno dorme nella struttura. «Il nostro lavoro consiste nel dare strumenti alle famiglie e ai ragazzi. Pesaro non è un’isola felice, la cocaina è sommersa - va diretta Paola Uguccioni - E fin quando non arriva l’eroina pensano di stare tutti bene. Le famiglie arrivano devastate, con mille problemi annessi. E per salvare i ragazzi bisogna supportare la famiglia, renderla più forte. Perché quando scoppia la bomba in casa ci sono due strade: rimanere schiacciati o ricostruire mattone su mattone». 


La famiglia da sola non ce la può fare. «Anche perché a volte parliamo di ragazzini di 13-14 anni che fanno cose peggiore degli adulti. Alcol, droga, sesso: non c’è più pudore. Per 15 euro da spendere nella droga le ragazzine sui social fanno le cose più assurde - mette in guardia Paola Uguccioni -. Quando la famiglia è fortunata si accorge subito, viene da noi e chiede aiuto. Altre si vergognano, attendono i carabinieri alla porta. Spesso le famiglie concedono tutto ai figli, compreso un modo di vivere ovattato, senza giusti principi o l’ascolto necessario: a volte, invece, bisogna far conoscere il “dolore” ai figli». L’accusa: non è stata fatta una politica di informazione corretta. «Lo spinello è una droga leggera ma i nostri ragazzini, dall’oggi al domani, diventano violenti e assenti. Più i ragazzi o le ragazze? Ragazzi. Ma ultimamente c’è stato un incremento di ragazze con carico di problemi: per una ragazza è più facile rimediare la droga ed è più difficile da responsabilizzare»

Con il Covid anche le famiglie disattente, per incapacità o poco tempo, si sono ritrovate con la bomba dentro casa. «Hanno visto la vera faccia dei loro figli alle prese con il richiamo della droga. Ci sono casi di ragazzi positivi al Covid scappati di casa, genitori sotto ricatto, sfiniti. Noi, con le dovute precauzioni, non abbiamo mai chiuso tranne che nel marzo 2020. E i risultati ci sono: quando una famiglia si affida e prende fiducia dopo si arriva anche al ragazzo. Perché il ragazzo vede che la famiglia ha preso consapevolezza». 


L’età media degli ospiti è ondivaga. «Due anni fa arrivavano solo 40-50enni. Quelli stanchi. Ma con loro abbiamo avuto ottimi risultati. Adesso stiamo tornando ai ragazzini. Il più piccolo, oggi, ha 13 anni e la media è sotto i 30. Esiste un fil rouge nei casi? La famiglia distratta. Perché il drogato è bravo a mettere una maschera ma la famiglia spesso non vuole vedere». 



Cosa vi chiedono i genitori? «Semplice: metti mio figlio in comunità, fallo entrare subito. Ma prima c’è un lavoro sporco da fare: affrontare il problema. Significa cambiare approccio, diminuire distanze, far capire che ci siamo, che ci teniamo. E poi i ragazzi vanno preparati e responsabilizzati: staranno a SanPa 3-4 anni. Rivedere fiorire i ragazzi è così bello ma serve tanto impegno». All’Avap sono tutti volontari. «Una ventina, 6-7 del direttivo- conclude Paola Uguccioni - . Non riceviamo soldi pubblici. Ci sosteniamo con l’autotesseramento annuale, il 5 per mille e la generosità di aziende locali».

 

 

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Corriere Adriatico