Estorsione e botte, così l’ex diventa un incubo: 43enne fanese a processo, la donna aggredita più volte è finita in ospedale

No alla violenza sulle donne, foto tratta dal Web
FANO Il negozio gestito insieme, poi i maltrattamenti. Lui è finito a processo non solo per le condotte di prevaricazione e violenza, ma anche per estorsione. Un processo...

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FANO Il negozio gestito insieme, poi i maltrattamenti. Lui è finito a processo non solo per le condotte di prevaricazione e violenza, ma anche per estorsione. Un processo in cui l’associazione Gens Nova, a difesa dei reati di violenza di genere, si è costituita parte civile tramite l’avvocatessa Elena Fabbri. Il caso riguarda una coppia fanese, lui di 43 anni lei di 33.

 

I primi segnali sono arrivati durante la gestione del negozio quando lui, nei primi mesi dipendente, avrebbe messo in atto violenze psicologiche denigrandola davanti ad altri dipendenti e sminuendone le capacità. Poi si sarebbe passati ai fatti con tre distinte aggressioni. Dopo un litigio in casa lui le avrebbe dato della prostituta, così lei ha reagito con uno schiaffo. Lui l’avrebbe presa per il collo. 

Lui, poi, voleva prendere il computer del negozio per una partita di poker on line. Lei non voleva dargli il cavo di alimentazione così lui l’avrebbe presa per i capelli e trascinata a terra dicendole: «Se fai i capricci come i bambini ti sbatto la testa contro il bancone». La terza aggressione a marzo scorso. Il rapporto si era ormai rotto, ma l’uomo non voleva uscire dalla società economica che gestiva con la donna. L’oggetto del contendere era l’agenda che lui voleva prendere per poter nascondere eventuali pagamenti non coperti da ricevuta. Lui le avrebbe storto il braccio, sollevata per i capelli e presa a pugni alla testa e al volto fino a impossessarsi dell’agenda. 


Aggressione che è costata sei giorni di prognosi alla 33enne, refertata al pronto soccorso di Fano. L’uomo è accusato anche di estorsione perché quando era dipendente del negozio avrebbe minacciato ripetutamente la compagna per poter entrare nella società. Lei alla fine gli aveva ceduto un quarto delle quote. Ma le pressioni sarebbero state svariate: dalle minacce di rivalsa per le ore lavorative non pagate, fino alle denigrazioni: «Sei stupida, ti rovino, mi dovrai dare tutti i soldi che non mi hai pagato». Vessazioni tanto da arrivare a cedere il 25% delle quote. Il dibattimento andrà avanti per appurare quanto accaduto. 

 

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Corriere Adriatico