APECCHIO - Cinquant’anni, da otto negli Stati Uniti d’America per inseguire un sogno al confine di un desiderio taciuto quanto chimerico; un sogno che come...
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Filippo, innanzitutto, come è stato l’impatto con questo emergenza Covid? «Qui Trump pensava più all’economia che al resto, reagendo con lentezza e poco prudentemente. Nonostante il virus circolasse da mesi, ha rallentato gli interventi necessari e soprattutto ha lasciato che passasse troppo tempo prima di iniziare a testare i possibili contagiati». Ora però le cose sono cambiate e la percezione della portata della pandemia è molto forte anche negli Usa. «Dal 15 marzo anche qui sono state adottate le stesse misure dell’Italia, chiudendo scuole e tutte le attività non primarie, ma si può uscire tenendo le distanze sociali». Discorso a parte quello delle strutture sanitarie. «Ora che testano i contagi saranno nel giro di poco saranno centinaia di migliaia i positivi e gli ospedali – conferma – andranno ben presto al collasso. È un rischio molto forte. Assistiamo alla corsa – prosegue Giovagnoli – per creare posti letto ed unità di terapia intensiva come è accaduto in Cina e in Europa. Comunque regna una grande paura. Parte dei newyorkesi esce solo per le necessità primarie e non essendoci il “coprifuoco” come in Italia, c’è chi lo fa anche troppe volte, pur se la città ha un aspetto spettrale». Anche nella Grande mela c’è il problema del lavoro e della produzione. «La Federazione Americana ha sospeso ogni attività fino al 30 aprile, ma io dall’ ufficio con la mia Academy Metoval provvedo ad ogni nostra squadra con i nostri allenatori che paghiamo- rimarca Giovagnoli - fino a fine contratto, particolare da non trascurare visto che qui licenziano tutti, cercando di tenere ”vivi” con il massimo scrupolo i ragazzi in aree aperte e da soli».
Tu e la tua famiglia quante volte uscite di casa? «Ogni tre – quattro giorni per far prendere una boccata d’aria a Jona, ma lontano e schivando tutti». E la spesa? «La facciamo on line non rischiando così la ressa. Cominciano a mancare un po’ di prodotti, a partire dalla carta igienica. Introvabile e quindi più preziosa dell’oro». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico