Terre Roveresche, cinque indagati per la voragine, il pm: crollo doloso

La voragine creatasi a Terre Roveresche il 2 ottobre 2010
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TERRE ROVERESCHE Il pericolo per l’incolumità pubblica causato dalla voragine di Orciano di Pesaro, per il crollo di via Kennedy avvenuto il 2 ottobre 2015, poteva e doveva essere prevenuto. È questa la convinzione della procura della Repubblica di Pesaro che ha concluso le indagini preliminari a carico dell’amministratore delegato di Marche Multiservizi e di altri quattro tra funzionari e operatori della società dei servizi, senza chiederne l’archiviazione, imputando loro la responsabilità di una massiva perdita d’acqua dalla condotta idrica come causa del crollo.


L’ipotesi di reato è quella di concorso in crollo colposo. Secondo le indagini svolte e le verifiche tecniche compiute dai consulenti d’ufficio (un geologo e un ingegnere) erano state rilevate nel tempo diverse criticità dell’acquedotto di Orciano gestito da Marche Multiservizi e la strumentazione dell’azienda aveva registrato, nella prossimità temporale del cedimento, un significativo calo della portata d’acqua. Dal canto suo Marche Multiservizi sostiene che il crollo è stato provocato dalla fragilità geologica dell'area.

L’indagine aveva coinvolto anche il responsabile dell’ufficio lavori pubblici e la dirigente dell’area tecnica dell'ex Comune di Orciano, ma sulla base delle argomentazioni sviluppate nelle due memorie difensive la loro posizione è stata archiviata, in quanto non avevano una responsabilità operativa sull’impianto e le segnalazioni ricevute dai cittadini sulle perdite d’acqua le avevano girate al gestore.

Secondo il pubblico ministero Silvia Cecchi, Marche Multiservizi, attraverso i vari ruoli coinvolti, non aveva adeguatamente rilevato le criticità della rete idrica, di conseguenza pur essendo emerse segnalazioni specifiche aveva omesso interventi prioritari e straordinari di manutenzione, anche a causa di un’interpretazione errata e ritenuta colposa delle reali cause delle perdite d’acqua registrate nella zona, attribuite a difetti della rete fognaria o a infiltrazioni di acque piovane.

La procura contesta anche l’inappropriata esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria; la sottovalutazione dei segnali di allarme giunti dai cittadini, in particolare nella primavera estate 2015; la mancata tempestiva rilevazione del calo di portata registrata dall’impianto e la mancata implementazione di dispositivi automatici di allarme.

La sera del crollo a Orciano si sfiorò la tragedia perché l’auto di una giovane si fermò sull’orlo della voragine e in seguito la cittadinanza ha patito gravi disagi per l’interruzione della viabilità, che si prolungò per più di due anni, fino al 22 novembre 2017.

Per contestare le conclusioni della procura della Repubblica, gli indagati hanno depositato la consulenza del professor Umberto Gori, già ordinario di geologia all’università di Urbino. «Nel merito dei rilievi ritengo prematuro esprimermi - dichiara l’amministratore delegato, Mauro Tiviroli - se non per confermare che, come azienda, abbiamo sempre sostenuto come il crollo fosse la conseguenza di uno smottamento del terreno, che provocò la rottura della condotta. E non il contrario. Ora aspettiamo con serenità le determinazioni della magistratura».


Il prossimo passaggio della procedura attivata dalla procura della Repubblica è la fissazione, da parte del giudice per l'udienza preliminare, della data per discutere la richiesta di rinvio a giudizio. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico