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I fatti ricostruiti dall’accusa
Lui sarebbe stato ubriaco e avrebbe iniziato ad assumere atteggiamenti anomali e man mano sempre più violenti tanto da strapparle i jeans di dosso. Intimorita da questo comportamento lei gli avrebbe detto di smetterla, ma lui l’avrebbe afferrata per i polsi, bloccata, e costretta al rapporto.
Di qui l’accusa di violenza sessuale aggravata dal fatto di averla compiuta nei confronti di una persona a cui era legato da vincolo affettivo e in un luogo tale da ostacolare la difesa della vittima.
Un pugno in faccia
Qualche settimana dopo, ubriaco e in preda alla gelosia, l’avrebbe molestata. Lei, per sfuggirgli, voleva accendere il motorino ma lui le avrebbe spezzato le chiavi e gettato tutto il mazzo nel fossato della rocca di Fano. Poi l’avrebbe colpita con un pugno in faccia e un calcio (10 giorni di prognosi). Il ragazzo è difeso dall’avvocato Alberto Bordoni che ha chiesto di poter accedere alla giustizia riparativa. Si tratta di un nuovo istituto previsto dalla riforma Cartabia e che prevede la figura del mediatore. E soprattutto prevede l’obbligo, per l’autore del reato, di rimediare alle conseguenze lesive della sua condotta. A tal fine, serve un coinvolgimento attivo della vittima, per trovare insieme soluzioni per rispondere ai bisogni scaturisti dal reato. Con un risarcimento economico.
Il procedimento per calunnia
Il giudice Gasparini lo ha respinto. La ragazza è assistita dall’avvocata Francesca Santorelli che evidenzia: «Nell’ordinanza il gup ha valorizzato la volontà della persona offesa, la quale non intende mediare con l’imputato che, mentre da un lato chiede l’accesso alla giustizia riparativa, contemporaneamente la denuncia per calunnia». Infatti, lui accusa la ragazza di calunnie in relazione alle denunce, quindi sostiene che sono false. La procura ha chiesto l’archiviazione di questa accusa ma il giovane si oppone davanti al gip.
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Corriere Adriatico