Fano, vandali danneggiano l'auto dell'assessore: «Un caso? Speriamo»

Fano, vandali danneggiano l'auto dell'assessore: «Un caso? Speriamo»
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FANO – Di sicuro un atto vandalico. Che fosse mirato, questo non può essere dimostrato. Quando però ha visto il lunotto della propria auto completamente in frantumi, qualche domanda Samuele Mascarin se l’è fatta. E non a tutte ha saputo dare risposta compiuta.


I fatti raccontano che il lunotto, quando l’assessore all’Ambiente e ai Servizi educativi ha parcheggiato l’altra sera la sua Renault Modus a due passi da casa, lungo viale Battisti, lato Pesaro, poco prima della discesa verso via Gentile da Fabriano, era perfettamente integro. Solo al rientro a casa, intorno alle 13, la sgradita scoperta. Il lunotto non c’era praticamente più, solo vetri sul pianale e in terra. All’interno invece tutto a posto. «Qualche oggetto di un minimo di valore lo avevo lasciato – conferma Mascarin - ma nessuno l’ha toccato». Per lo più cd e anche un regalo dell’ultimo Natale. Da escludere dunque che si sai trattato di un blitz ladresco e invece più che plausibile l’ipotesi di una bravata notturna. «Voglio pensarlo anch’io. Anzi, può anche essere che al passaggio di un’auto sia schizzato un sasso o qualcos’altro proprio in direzione della mia. E’ molto meno probabile, ma non voglio escludere nemmeno questa eventualità. E neanche mi va di ingigantire troppo la cosa». Però all’assessore, che ha anche dato notorietà al fatto attraverso Facebook, i dubbi restano e non li tiene per sé: «Magari non era la mia serata, ma lungo il viale di auto in sosta ce n’erano una ventina e mi risulta che, fortunatamente per gli altri, ad essere danneggiata sia stata soltanto la mia». Al contrario episodi di cronaca anche recenti, avvenuti in centro e dunque non così lontano da viale Battisti, documentano che i teppisti, quando entrano in azione spesso sotto l’effetto di alcol o altro, non se la prendono con una singola auto ma fanno strike. Che si tratti di divellere i tergicristalli o abbattere specchietti. «E poi elementi per pensare che fosse proprio la mia macchina, o che comunque la caratterizzavano, c’erano. Materiale dell’assessorato e anche un adesivo di Amnesty International».  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico