Monastero trappista a Monte Giove, riesplode la polemica. La variante arriva in consiglio comunale

L'area dove dovrebbe nascere il monastero trappista
FANO - Riesplode l’insofferenza verso il monastero trappista che dovrebbe prendere forma sulle colline di Monte Giove. E’ l’imminente sbarco in commissione ad...

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FANO - Riesplode l’insofferenza verso il monastero trappista che dovrebbe prendere forma sulle colline di Monte Giove. E’ l’imminente sbarco in commissione ad offrire il destro agli ambientalisti per prendere di nuovo a picconate «una variante ad hoc che favorisce esclusivamente un soggetto privato, che non porta nessun beneficio per la collettività e che crea un pericoloso precedente, andando a trasformare una zona agricola con vincolo paesaggistico e di notevole rilevanza ambientale».

 


Le contraddizioni


Questa la denuncia di Lupus in fabula, che individua una plateale contraddizione tra l’imponenza del progetto («complesso edilizio composto da chiesa, monastero e cimitero privato per un’altezza di 7 metri, più quella del campanile, un’estensione di 2.384 mq e un volume di 9.474 metri cubi») e la decadenza inflitta «a numerosi altri edifici religiosi della zona, non più utilizzati o sottoutilizzati, ma che adeguatamente ristrutturati potrebbero assolvere alle funzioni richieste dai frati romani». 


Di incoerenza è tacciata anche la giunta («continua a presentare varianti al vecchio Prg mentre va in giro nei quartieri a discutere del nuovo»), mentre ai proponenti si rammenta anche il contenuto dell’enciclica “Laudato si’” di Papa Francesco che tra «i mali inferti dall’uomo alla natura indica espressamente il consumo del suolo come una delle ferite più gravi».
All’appello lanciato a «cittadini, circoli culturali e forze politiche perché la variante non sia approvata», facendo leva anche «sulla mancanza dei presupposti di interesse generale», si accoda senza riserve anche Argonauta, che si concentra sull’alterazione che il monastero arrecherebbe «al delicato equilibrio raggiunto nella zona collinare tra il già costruito, sparso, limitato, non appariscente e non impattante, e il vasto spazio occupato da un’agricoltura non intensiva frammista a lembi di bosco, siepi ed alberature», vanificando di conseguenza «la circostanza fortunata e rara, dovuta alla sensibilità degli amministratori di decenni fa e dall’apposizione di un vincolo paesaggistico» che ha permesso di salvaguardare «dall’antropizzazione, che in altri luoghi ha cancellato i valori paesaggistici, le colline che circondano Fano verso ovest e verso nord».


Il mosaico


Scompaginare «quel mosaico frutto di interventi non invasivi ad opera dell’uomo, con chiese, edicole religiose e ville con il loro parco di sempreverdi, mantenendo alberature, zone erbose incolte e siepi», significherebbe per Argonauta compromettere «il rapporto positivo raggiunto tra uomo e natura, intaccando le peculiarità di un paesaggio che il vincolo deve tutelare». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico