Eurodistribuzione di Borgo Santa Maria: bancarotta condannate 4 persone. Crac da 12 anni di carcere

Eurodistribuzione di Borgo Santa Maria: bancarotta condannate 4 persone. Crac da 12 anni di carcere
PESARO Crac Eurodistribuzione, arriva la sentenza. Il caso è quello di Dante Mannolo, 55 anni, che a Borgo Santa Maria aveva aperto la ditta e girava in Maserati, ma aveva...

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PESARO Crac Eurodistribuzione, arriva la sentenza. Il caso è quello di Dante Mannolo, 55 anni, che a Borgo Santa Maria aveva aperto la ditta e girava in Maserati, ma aveva anche lasciato un buco da mezzo milione. Di fatto, secondo la tesi degli inquirenti, non pagava i fornitori. Sarebbe figlio di un presunto capobastone di una cosca della ’Ndrangheta calabrese 


I fatti


Era stato arrestato a febbraio 2019 dai carabinieri di Borgo Santa Maria per associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alla bancarotta fraudolenta e documentale. Oggi Mannolo è diventato collaboratore di giustizia e, con rito abbreviato, è stato condannato per questo caso a 5 anni e a 480 mila euro di risarcimento. Ma davanti al collegio di Pesaro, ci sono altri 4 imputati, coinvolti nel caso con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alla bancarotta fraudolenta e documentale. 
Eurodistribuzione srl, società di commercializzazione di prodotti alimentari, in particolare caffè, era stata aperta a Pesaro nel 2015, intestata ad una giovane prestanome sempre calabrese di 27 anni. Mannolo per la procura era il socio occulto che dopo i primi acquisti e pagamenti andati a buon fine, faceva acquistare la merce facendola sparire verso la Calabria ma senza più pagare il fornitore. Girava per Borgo Santa Maria con la sua Maserati Ghibli bianca, quanto basta per avere l’attenzione dei carabinieri che hanno quindi approfondito il caso. 


Già, perché Mannolo era finito nel mirino della procura di Bari con un copione simile. Sono circa 90 i fornitori truffati in tutta Italia, tra cui la stessa Ferrero, acqua San Benedetto, Mionetto, caffè Borbone e altre ditte minori, anche a livello locale. I fornitori hanno raccontato in dibattimento che il sistema era quello di pagare regolarmente le prime forniture, così da rendersi credibili per le seconde. Poi avrebbero pagato con assegni postdatati che non erano coperti, perché i conti venivano svuotati. E’ stato anche dato l’incarico di trascrivere le intercettazioni. Gli imputati sono la giovane prestanome 27enne Melania Scumaci, Luigi Palaia, 55enne detto “Gino”, poi Francesco Rijitano, 52enne e Gregorio Capano 47enne tutti di Catanzaro. Secondo il capo di imputazione Mannolo detto “Paolo” era il “promotore e organizzatore, socio occulto” che assieme a “Gino” coordinavano e dirigevano “l’associazione”.


La richiesta


La donna era responsabile legale della ditta, gestiva i rapporti coi fornitori e gli agenti di commercio. Il pubblico ministero ha chiesto 7 anni e mezzo per Palaia e Scumaci, mentre per Capano e Rijitano 3 anni. Il collegio ha condannato Scrumaci e Palaia a 4 anni e 6 mesi per associazione a delinquere, bancarotta e alcune truffe (alcune prescritte per remissione tacita di querela) e a contribuire in solido al risarcimento di 480 mila euro. Rijitano e Capanno 1 anni e 6 mesi. Gli avvocati Grassellini, Gualtieri e Mancuso promettono appello. Per la parte civile era presente l’avvocato Giovanni Orciani.

 

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Corriere Adriatico