​La mamma di Ismaele: «Ho ottenuto ciò che volevo, anche Ambera deve pagare»

Debora Lulli e il figlio Ismaele
SANT’ANGELO IN VADO - «La dignità umana è inviolabile ed è un valore che non ha prezzo», scrive Moni Ovadia. Chi ha vissuto, gomito a gomito...

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SANT’ANGELO IN VADO - «La dignità umana è inviolabile ed è un valore che non ha prezzo», scrive Moni Ovadia. Chi ha vissuto, gomito a gomito con Debora Lulli ben 6 stagioni tra stanze di tribunali e ondeggiare di toghe, non può non riconoscere fermezza e coerenza alla madre di Ismaele, il 17enne studente all’alberghiero attirato in una trappola e ferocemente massacrato per gelosia il 19 luglio 2015 davanti al crocifisso nei pressi della chiesa di San Martino in Selva Nera. La madre ha sempre chiesto con forza giustizia terrena perché «a quella divina ci penserà il cielo».

 

 

Da venerdì è imputata
Mamma Debora ha aspettato con la tenacia il passaggio giudiziario che deve chiudere questa vicenda. Da venerdì l’ex fidanzata di Igli Meta, Ambera Saliji, che con un sms aveva fatto in modo che Ismaele finisse in mano al suo carnefice, Igli, invitandolo a un incontro al quale invece si presentò il suo fidanzato, è imputata per “concorso anomalo in omicidio volontario”. 

«Ci sono riuscita – dichiara Debora Lulli –. Era una cosa giusta a cui ho sempre creduto. Ho pregato perché venissero puniti tutti coloro che hanno fatto del male a mio figlio».
I due assassini, Igli Meta e Marjo Mema, sono stati condannati all’ergastolo nel 2019 dalla Cassazione. Igli si è nel frattempo diplomato e si è iscritto a giurisprudenza. «A mio figlio non è stato permesso di diplomarsi, di potersi iscrivere all’università - dice con un’amarezza che non passa Debora Lulli -. Loro percepiscono dei soldi, a me, soprattutto a sua sorella Erika, 10 anni, non è arrivato nemmeno un centesimo di risarcimento. Eppure loro hanno pagato gli avvocati tra cui Taormina. Non è una presa in giro?».

Il tempo che non passa
«In questi 6 anni - aggiunge la mamma - il tempo non è passato. Non vorrei tornare in quella collina (in cui Ismaele ha trovato la morte, ndr) ma lo faccio di tanto in tanto. E’ un obbligo, una forma di rispetto nei confronti di mio figlio. Avrei voluto essere con la sua sofferenza fino a quando ha chiuso gli occhi ma sono consapevole che non sarebbe potuto accadere. Per questo ogni tanto vado e mi sento vicino mio figlio che mi consola e mi dà forza di continuare a lottare. Io, Ismaele, ce l’ho ogni giorno dentro di me. Con lui era autentica simbiosi. Ero una ragazza quando è nato. Siamo cresciuti assieme in un rapporto molto profondo. Ero rigida e amica quando dovevo esserlo. Un rapporto unico. Quella domenica ero al mare a Fano. Ho subito capito che qualcuno mi stava scrivendo degli sms al posto di mio figlio».

Il presagio funesto


Stava accadendo qualcosa di grave. «Tornando verso Sant’Angelo in Vado è come se mi fosse passato davanti agli occhi un film, 17 anni di ricordi. Era la mia paura, il cosiddetto presagio. Una mamma sente certe cose». Il 22 settembre prossimo, giorno del processo a carico della ragazza che aveva avuto una relazione con Ismaele, sarà in Tribunale? «Certo, con lo spirito che giustizia sia fatta. Anche lei (Ambera ndr) sconti la sua punizione. Non accetterei una cosa diversa. Dopo quello che è accaduto mi sento miracolata - conclude Debora Lulli - e con più lucidità di un tempo, non sono depressa. E’ Ismaele che mi sprona». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico