Un italiano nella Cina all'alba della pandemia: Varotti racconta il Covid con gli occhi di un espatriato

Cristiano Varotti, responsabile Enit a Shanghai, vive in Cina da 10 anni
NOVAFELTRIA - Una Cina contemporanea nei primi giorni del contagio, cupa e alienante, fatta di città grigie e campagne minacciate dall’avanzare inarrestabile delle...

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NOVAFELTRIA - Una Cina contemporanea nei primi giorni del contagio, cupa e alienante, fatta di città grigie e campagne minacciate dall’avanzare inarrestabile delle periferie urbane. Ad abitarla, un’umanità indecifrabile e bizzarra. In questo scenario esotico e straniante, il protagonista – un espatriato italiano – trova conforto nel rapporto con Jing, la sua assistente, e nella compagnia di un cane senza nome. Si intitola “Nuvole di drago” ed è il romanzo che segna l’esordio narrativo di Cristiano Varotti, in uscita il 26 aprile per Vydia editore (232 pagine, 15 euro). Varotti, originario di Novafeltria, in Cina da un decennio, esperto in relazioni internazionali è attualmente responsabile della sede di Shanghai di Enit - Agenzia Nazionale del Turismo.

 

Com’è vivere da italiano nella Repubblica Popolare Cinese? E come è stata stravolta la quotidianità in Oriente con lo scoppio della pandemia? A queste (e a molte altre) domande Cristiano Varotti ha risposto con questo libro, vero e proprio viaggio letterario, ma anche sociologico e antropologico, nella vita di ogni giorno del popolo cinese. Si occupa di gestione di rapporti istituzionali, promozione del turismo e degli scambi tra Italia e Cina, dove è stato rappresentante della Regione Marche e corrispondente consolare nella Provincia dello Hunan. “Nuvole di Drago” come metafora dell’atteggiamento dei contemporanei verso la Cina, del pregiudizio e della totale mancanza di curiosità verso una cultura così complessa. Il romanzo segue le esperienze di un espatriato che da molti anni vive in Cina, nella megalopoli industriale di Changsha. Il protagonista, nelle prime fasi della pandemia, vive con difficoltà la solitudine a cui è costretto dalla sua condizione di “alieno” in un paese estremamente complesso e culturalmente diverso. «In realtà ho sempre scritto nella mia vita anche prima di trasferirmi in Cina - spiega - E’ una disposizione naturale che ho, nascosta sotto la cenere. Sono un lettore compulsivo, uno scrittore molto più discontinuo. Ho pubblicato qualcosa, racconti scritti sotto pseudonimo, quando ero giovane. Tuttavia non ho mai tentato seriamente la strada della narrativa, così come anche il mio approccio al giornalismo è stato poco più di un’infatuazione. Però ho sempre scritto, in un modo o nell’altro. Trasferendomi in Cina, tuttavia, l’ispirazione letteraria sembrava essersi definitivamente spenta».



«Nell’ultimo decennio non ho scritto, ma in compenso ho vissuto moltissimo - spiega - Esperienze incredibili in un Paese pressoché infinito, complesso, profondo. Ho avuto l’opportunità di scoprire una nuova frontiera, ed è una faccenda per niente scontata. È, anzi, davvero eccitante. Ormai il mondo è minuscolo, sembra quasi non ci siano più spazi da esplorare. Per me è stato diverso. All’inizio del 2020, bloccato in Cina dalla diffusione globale della pandemia, ho deciso che valeva la pena provare a mettere sulla pagina alcune di quelle esperienze, romanzandole». 

 

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Corriere Adriatico