Pesaro, botte alla moglie davanti ai tre figli. Inchiodato da referti e testimoni

Pesaro, botte alla moglie davanti ai 3 figli. Inchiodato da referti e testimoni
PESARO Anni di maltrattamenti e insulti, tali da portare la moglie a rivolgersi al centro antiviolenza e alle forze dell’ordine. Ieri la sentenza per un 43enne di origini...

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PESARO Anni di maltrattamenti e insulti, tali da portare la moglie a rivolgersi al centro antiviolenza e alle forze dell’ordine. Ieri la sentenza per un 43enne di origini campane residente a Vallefoglia. E’ accusato di maltrattamenti in famiglia aggravati dal fatto di averli commessi davanti ai figli minori. Gli vengono contestati schiaffi, pugni, tirate di capelli e umiliazioni. Le sputava persino in faccia. Inoltre l’avrebbe svalutata continuamente anche rispetto alla famiglia di origine. A finire negli atti del processo che si tiene con rito abbreviato davanti al Gup alcuni episodi specifici.

 

I fatti

In un’occasione l’avrebbe coperta di epiteti sinonimi di prostituta dandole calci e pugni. «Pazza, malata. Senza di me non sei nessuno, se ti lasci con me fai la fame e non vali niente». Poi: «Magari ti violentano i marocchini, sarei proprio felice se lo facessero». Il tutto afferrava al collo spingendola e bloccandola contro il muro. Altro episodio si sarebbe consumato davanti al figlio minore che si sarebbe anche frapposto per evitare lo scontro. Qui l’avrebbe nuovamente presa per il collo e dato pugni in testa, al dorso e alle braccia, strappandole persino i capelli.

La furia

La 40enne è finita al pronto soccorso dove le è stata medicata per le lesioni subite e ha ricevuto una prognosi di 5 giorni. Insulti e minacce come: «Ti ammazzo e li faccio venire io i carabinieri, sei una pazza esaurita, una persona di m…». Infine avrebbe costretto la moglie a subire atti sessuali non consenzienti. Poi a novembre del 2020 la denuncia che ha fatto incardinare il processo. La donna era tutelata in sede civile dall’avvocatessa Elena Fabbri che ha chiesto 50 mila euro di risarcimento.

Il pubblico ministero ha chiesto 3 anni di condanna e il giudice, dopo la camera di consiglio, ha inflitto la pena di 2 anni e 2 mesi oltre a 10 mila euro di risarcimento. «Il collegio difensivo ha strenuamente negato la responsabilità dell’imputato, ma la parte civile non ha mollato. I testimoni oculari, le foto e la refertazione medica sono prove solide, hanno portato a una sentenza di condanna. Sono lieta di aver difeso questa giovane mamma di due bambini, una donna che ha subito per tanti anni e ha finalmente trovato il coraggio di denunciare».

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Corriere Adriatico