LO CHOC dal nostro inviato PIEVE TORINA I paesi sembrano le quinte di un teatro:

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LO CHOC dal nostro inviato PIEVE TORINA I paesi sembrano le quinte di un teatro: perfetti nella facciata ma con il niente dietro. Girando per Pieve Torina e Pievebovigliana si ha...

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LO CHOC dal nostro inviato
PIEVE TORINA I paesi sembrano le quinte di un teatro: perfetti nella facciata ma con il niente dietro. Girando per Pieve Torina e Pievebovigliana si ha l'impressione di attraversare centri immersi nella quotidiana normalità. Invece, quelle case apparentemente risparmiate dalla furia del terremoto, sono impraticabili. Quasi come castelli di cartapesta. Se si aprono i portoni d'ingresso e si prova a entrare, ci si trova dinanzi a uno spettacolo di devastazione. Crepe sui muri, mobili ribaltati, pavimenti sommersi da oggetti caduti dagli scaffali. È il dramma nascosto di due paesi messi in ginocchio nonostante l'assenza di crolli.

La situazione
A Pieve Torina i residenti sono 1300 e in 200 hanno deciso che si trasferiranno da amici e parenti. «Il 95% del patrimonio abitativo è inagibile - puntualizza il sindaco Alessandro Gentilucci -. Ora bisogna superare l'emergenza delle prime 72 ore e poi assecondare i nostri concittadini, indirizzandoli verso scelte di buonsenso, verso una ricostruzione pronta e una nuova vita serena. In un incontro pubblico ho proposto loro, invece di allestire tende, di trasferirsi in alberghi della costa, da Civitanova e San Benedetto. Un modo per garantire sicurezza e per riflettere. Fra tre giorni possiamo incontrarci di nuovo e decidere cosa fare. Potremmo avere i container per Natale ma viverci per anni sarebbe logorante. Ma si può anche trovare una sistemazione autonoma o andare in albergo, anche per 6-7 mesi, in attesa dei moduli abitativi. Tra i problemi più difficili, intanto, c'è la situazione della casa di riposo, che ospita 38 anziani».
Lo sfogo
In queste ore i cittadini vivono nell'angoscia, il loro futuro è incerto. Italo Barbonari e Luciana Carioli sono sconvolti: «Fuori si vedono solo alcune crepe. Ma all'interno delle case è il caos - dicono mentre si trovano nella piazzetta del paese insieme agli altri sfollati -. È un paese distrutto. Il nostro appartamento è come se fosse scoppiato. Ci hanno proposto di andare in alberghi della costa. Ma come facciamo? Noi dobbiamo lavorare». Italo è dipendente della Mojoli Salumi di Pieve Torina, mentre la moglie lavora alla Svila di Visso. «Adesso l'azienda è chiusa - racconta Luciana - ma il titolare ha detto che vuole riaprire il prima possibile. Io inizio a lavorare alle 6, mio marito alle 6.30. Per noi è impossibile andare in un albergo della riviera».
Italo e Luciana ci accompagnano nel loro condominio, a due passi dal centro. Scale distrutte e all'ingresso pezzi di muro. «Fuori casa abbiamo messo una roulotte e una tenda: ora viviamo qui. Ma non possiamo andare avanti a lungo».
La paura
A dimostrazione di quanto il terremoto sia stato devastante c'è il caso dell'imprenditore Alfio Caccamo, proprietario del centro commerciale Corridomnia e tra i mecenati dello Sferisterio. La sua abitazione è stata realizzata nel 2002 seguendo tecniche in grado di garantire il più alto livello di antisismicità.

«Proprio grazie a questo - dice - le mura hanno resistito, ma si sono verificati cedimenti d'intonaco e alcune crepe. Mercoledì, quando c'è stata la seconda scossa, stavo cenando con la famiglia. È stato un incubo, dalle mensole è caduto di tutto. Ho già chiamato un tecnico per una valutazione dei danni e stabilire i primi interventi. L'obiettivo è sistemare tutto quanto prima. Al momento non so se andrò in un hotel o se mi tratterrò negli spazi ancora praticabili dell'abitazione».
Daniel Fermanelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Corriere Adriatico