L'INTERVISTAMACERATA Il terremoto di questi mesi ha colpito profondamente un territorio che mostrava una profonda sofferenza nell'agganciare possibili tragitti di ripresa, ma che...
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Segretario, c'erano davvero questi segnali?
Naturalmente, ogni ragionamento va fatto sul periodo prima del sisma e a questo proposito va detto che dopo l'anno nero 2013, nei due anni successivi la caduta verticale dell'occupazione sembra essersi arrestata, tendenza confermata anche nei primi nove mesi di quest'anno.
Uno stop non è un miglioramento.
Certo, non si può ancora parlare di inversione reale di tendenza, ma sull'occupazione alcuni dati provinciali sono indicativi: dal 12,8% del 2013 la disoccupazione è scesa al 9% nel 2015. Ma quest'ultimo dato non migliora sensibilmente il 9.1% del 2014 ed è analogo a quello di quest'anno. Insomma la curva resta sostanzialmente in linea, non migliora e non peggiora.
Tuttavia gli studi sul sistema produttivo del territorio di questi anni parlano di un costante calo di imprese, in alcuni settore addirittura una moria.
È vero. Infatti lo stock di imprese attive si è fortemente contratto dal 2008 ad oggi: da 37.035 a 34.739 imprese: negli anni della crisi abbiamo visto bruciare solo nel Maceratese quasi 3.000 imprese. Ma anche in questo caso, la tendenza al ribasso si era fermata.
Faccia qualche numero.
Ad inizio 2015 avevamo uno stock di 34.768 e a settembre 2016 le imprese attive erano 34.739, un numero analogo che ricalca la tendenza di una frenata della caduta avvenuta negli anni precedenti.
Tendenza sufficiente a spostare la lancetta sulla voce ripresa?
Il problema non è questo, quanto piuttosto quello della capacità di cogliere i dati positivi che emergono. La fragilità del sistema resta.
Tanto più che questo sistema è fatto di imprese piccole e piccolissime, specie nell'entroterra.
È così. L'artigianato sta soffrendo in modo particolare in questo momento: solo nell'ultimo biennio, le imprese artigiane attive hanno conosciuto un calo dell'1,5 %.
All'inizio si diceva che il terremoto ha aggravato una situazione già delicata. Come uscirne allora?
La sfida che abbiamo di fronte è quella della ricostruzione, che va al di là di quella strettamente materiale: si tratta di ricostruire una comunità, di ridare vita in tutto l'entroterra maceratese a un tessuto di lavoro, sviluppo e servizi che tenga vivo quel territorio e ne prevenga il rischio, oggi altissimo, di spopolamento.
Tutto bene, ma da dove cominciare?
Con una visione di sviluppo del territorio più ampia rispetto al passato. La ricostruzione offre la possibilità di affiancare al motore tradizionale dell'impresa manifatturiera nuovi motori di sviluppo, in particolare quelli rappresentati dai servizi alla persona, dalle produzioni tipiche locali, dall'agro-alimentare, dal turismo e dalla cultura. Da qui si può ripartire.
g. po.
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Corriere Adriatico