L'ANALISIPESARO Naturalmente, è il lavoro la principale causa di povertà. Secondo la statistica elaborata dalla Caritas sulle persone che nel 2017 si sono rivolte ai suoi centri...
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PESARO Naturalmente, è il lavoro la principale causa di povertà. Secondo la statistica elaborata dalla Caritas sulle persone che nel 2017 si sono rivolte ai suoi centri di ascolto nella regione, il 68% di chi chiede aiuto è alla ricerca della prima o di una nuova occupazione. C'è poi un ampio spettro di fragilità sociale che abbraccia casalinghe (6%), pensionati (5%), inabili al lavoro (2%), studenti (1%). Un dato significativo è quello degli occupati, che sono addirittura il 12%. Il lavoro nero o irregolare è dichiarato dal 4% degli utenti, ma secondo la Caritas si tratta di un dato sottostimato a causa della ritrosia a riferirlo correttamente, per paura di non poter accedere a tutti i servizi, di chi non sviluppa un rapporto di fiducia con chi l'ascolta.
Per la condizione occupazionale molto rappresentativo è il confronto con nove anni fa, quando i senza lavoro ascoltati dalla Caritas erano l'80%. Esso dimostra come la povertà si sia aggravata per l'esaurirsi della rete di protezione familiare e l'acuirsi della precarietà del lavoro, perché avere un'occupazione non è più garanzia di sicurezza sociale. Oltre a ciò, la Caritas considera che ai suoi centri di ascolto ora si rivolgono anche persone che qualche anno fa erano frenate da un sentimento di vergogna, dallo stigma sociale per l'accesso ai servizi caritativi. L'aggravarsi e l'estendersi delle difficoltà sociali, con la maggiore condivisione delle stesse con altre persone, ha sgretolato questa resistenza psicologica.
La mancanza di lavoro non genera solamente una povertà economica. Nei centri Caritas si ha riscontro di quanto questa causa produca un logoramento psicologico, con conseguenti problematiche sociali e di dipendenza. Si genera un circolo vizioso nel quale spesso si confondono cause ed effetti della povertà. La Caritas osserva che di frequente la mancanza di lavoro porta a condizioni socio sanitarie, che impediscono a loro volta di trovare una nuova occupazione, se non in condizioni protette. Perciò le strutture caritative della Chiesa ritengono che per contrastare la povertà non siano sufficienti misure assistenziali, bensì sia necessaria una politica di welfare generativo, che miri alla creazione di nuovi posti di lavoro.
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Corriere Adriatico