«Il lavoro in campagna la mia palestra di vita»

«Il lavoro in campagna la mia palestra di vita»
Impegno, sacrificio, perseveranza e propensione al cambiamento. Queste sono le fondamenta su cui Mariano Cesari ha costruito la sua vita, sin da giovane. Esperienza che nel tempo...

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Impegno, sacrificio, perseveranza e propensione al cambiamento. Queste sono le fondamenta su cui Mariano Cesari ha costruito la sua vita, sin da giovane. Esperienza che nel tempo lo ha forgiato, facendogli raggiungere traguardi importanti, rimanendo con i piedi per terra: «Questo è il consiglio di mio padre Giuseppe, che ora non c'è più - spiega Mariano - come tanti altri suggerimenti dati insieme a mia madre Bernardina, che vive ancora oggi nella casa in campagna a Castorano. Lui terza elementare, lei con la quinta elementare e donna di fede: sono stati dei fari che hanno illuminato la via, punti di riferimento sia per me che per mio fratello maggiore».

La vita nei campi
I ricordi dell'adolescenza non prescindono dalla vita dei campi: «Provengo da una famiglia di agricoltori, la campagna ha influenzato il ritmo della mia vita, compreso quello scolastico perché a partire dai 14 anni ho sempre dato una mano. I nostri passatempi erano il calcio giocato nell'aia e le scorribande in giro per la campagna. Condividevo con mio fratello una bicicletta e un motorino». L'infanzia a Castorano, le scuole medie a Ripatransone dai nonni: «È il paese d'origine dei miei genitori, sono legato a quel luogo e ho ancora molti amici lì - commenta Mariano - e avere tanti amici è stato sempre un mio obiettivo. Ero socievole, ma ci voleva un po' per entrare in sintonia e fare amicizia». Alle superiori Mariano sceglie la Ragioneria ad Ascoli: «Ero uno studente pendolare, andavo con l'autobus. Anche quello è servito: una bella esperienza perché si stava con gli amici. In classe eravamo un bel gruppo, 31 maschi. C'era una selezione feroce: della classe originaria siamo arrivati al diploma solo in sei. L'obiettivo era il posto in banca, una sorta di riscatto. A quei tempi la Ragioneria era scelta dai ragazzi delle famiglie umili, eravamo tutti nelle stesse condizioni e non c'erano confronti. Tutti amici che rivedo anche oggi». Ragazzo rispettoso, ubbidiente, che affronta quegli anni difficili con spirito: «In campagna era un po' complicato studiare, a quei tempi non avevamo neppure il riscaldamento e d'inverno, già alle cinque di pomeriggio, i miei erano in casa. Si stava vicino al fuoco, il tempo per studiare era davvero poco. Però - aggiunge Mariano - recuperavo d'estate quando le giornate si allungavano e i miei rientravano più tardi».
Il diploma

Il giovane Cesari non è stato un alunno modello: «Galleggiavo sulla sufficienza ma ai miei genitori, che mi sostenevano, importava solo che fossi promosso. Quello era importante. Con il voto del diploma, davvero basso, è arrivata la sferzata e mi sono messo alla prova con gli studi universitari, per vedere se avessi possibilità. C'è stato il cambio di passo: le materie tecniche mi erano congeniali come il metodo di studio. Potevo organizzarmi con il tempo. Alla fine, ho fatto anche l'assistente in Facoltà. Poi ho proseguito con la professione di commercialista». Sono stati anni duri: «A quel tempo in campagna non si campava bene, i miei genitori facevano tanti sacrifici e io mi finanziavo gli studi lavorando, fin dalle superiori. D'estate facevo il cameriere, e così ho vinto anche la timidezza, continuando ad aiutare a casa nel lavoro dei campi. A 18 anni, con degli amici, sono andato a Lesina a fare la raccolta dei meloni. Dormivamo in baracche in condizioni indicibili, lavoravamo dall'alba fino a sera. Anche quell'esperienza mi è servita per crescere». La carriera di Mariano è stata brillante, una vita costellata di tanti episodi. Come dice lui scherzando, è stata una vita movimentata. Ma in ogni passaggio di questa immersione nei ricordi della sua adolescenza, nel racconto non dimentica mai le sue origini, anzi parte sempre da questo punto: «Mi mancano i pranzi portati in campagna - chiude con un pizzico di nostalgia - durante la mietitura. Era bello condividere il cibo con i vicini, ci si aiutava e si lavorava con lo scambio di manodopera». Ai ragazzi d'oggi, lui professore universitario e presidente di banca, consegna un messaggio preciso che ha testato sulla sua pelle: «Bisogna trarre il meglio da ogni esperienza. Senza impegno e sacrificio non si ottiene niente. Serve stare sul pezzo e, al giorno d'oggi, sapersi adattare al cambiamento. Questa è la chiave per raggiungere gli obiettivi».
Francesca Gironelli
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Corriere Adriatico