Fusione tabù, nel Fermano vincono ancora i campanili

Fusione tabù, nel Fermano vincono ancora i campanili
IL DIBATTITOFERMO Il primo, nel 2014, è stato Trecastelli. Poi sono arrivati Vallefoglia, Valfornace, Colli al Metauro e Terre Roveresche. Dei cinque nuovi Comuni marchigiani...

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IL DIBATTITO
FERMO Il primo, nel 2014, è stato Trecastelli. Poi sono arrivati Vallefoglia, Valfornace, Colli al Metauro e Terre Roveresche. Dei cinque nuovi Comuni marchigiani nati dalle fusioni di due o più municipi, tre sono nel Pesarese, uno nell'Anconetano e uno nel Maceratese. Tranne qualche sussulto nell'Elpidiense, il Fermano per ora sull'argomento tace. Previste dalla Costituzione e incentivate dalla legge Delrio, dalle nostre parti le fusioni continuano a non convincere. Per primi gli amministratori. Mentre altri due Comuni dell'Urbinate si preparano a fondersi, in Regione, qualche giorno fa la Prima commissione consiliare ha modificato la legge che regolamenta la nascita di nuovi municipi. «Abbiamo previsto un ulteriore parere dei Consigli comunali per contribuire a risolvere i casi di disaccordo. Si tratta di paletti che daranno un contributo quando c'è discordanza tra il parere della maggioranza dei Comuni e quello della popolazione», spiega il presidente della Prima commissione, Francesco Giacinti. La legge prevede che, quando due o più Comuni decidono di fondersi, vanno chiesti i pareri delle rispettive popolazioni. È l'esito dei referendum, insomma, a dire se la fusione si farà o no. Se tutti i Comuni sono favorevoli e la maggioranza della popolazione è d'accordo, si procede.

Favorevoli e contrari
Viceversa, se tutti i Comuni sono contrari e la maggioranza della popolazione non è d'accordo, non se ne fa niente. Ma che succede, ad esempio, se le popolazioni di due Comuni sono favorevoli e quella di uno è contraria? Dalla teoria alla pratica. Colli al Metauro, in provincia di Pesaro e Urbino, è nato dalla fusione di Montemaggiore al Metauro, Saltara e Serrungarina. Ma, mentre negli ultimi due Comuni al referendum aveva vinto il sì, nel primo la maggioranza della popolazione si era detta contraria alla fusione. Ora, se la maggioranza dei Comuni e della popolazione sono favorevoli (come in questo caso), la legge prevede di andare avanti. A Montemaggiore la notizia non è stata prese bene e il Comune ha provato a sfilarsi, senza però riuscirci. «Non sarebbe stato corretto», dice Giacinti. «Abbiamo cercato di modificare la legge inserendo un ulteriore parere di riflessione. Servirà per avere un elemento in più su cui ragionare e maggiore tempo per pensare al da farsi. Al termine, in ogni caso, è il Consiglio regionale che decide». «Nella scarsa giurisprudenza continua il consigliere regionale, da sempre favorevole alle fusioni c'è un concetto giuridico chiave: l'importanza che si dà al principio generale degli interessi contrapposti. In caso di disaccordo, se la fusione non viene fatta perché un Comune è contrario, si va contro il parere di quelli che hanno detto sì. Se si dà ascolto ai favorevoli, non si tiene conto del parere dei contrari. Questo ulteriore passaggio che abbiamo aggiunto servirà a chiarire meglio i casi più difficili».

Francesca Pasquali
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Corriere Adriatico