NEW YORK - Donald Trump lancia l’ultimatum all’Europa: se Bruxelles non abolirà le barriere e le tariffe commerciali che danneggiano aziende e lavoratori...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Con la Germania e i suoi colossi automobilistici - Mercedes, Bmw e Audi-Volkswagen - che già si preparano al peggio e studiano piani per correre ai ripari. Come Daimler, la casa madre di Mercedes, che ha già tagliato le sue aspettative sugli utili di quest’anno, diventando la prima casa automobilistica di alto profilo ad incamerare nel suo bilancio l’impatto del temuto scontro con gli Usa. Del resto l’industria dell’ auto tedesca rischia di essere colpita due volte: sull’export verso gli Usa (circa 500 mila auto all’anno) e sull’export verso la Cina dalle sue fabbriche in Usa (oltre 800 mila auto l’anno). Con la Mercedes e la Bmw che producono i Suv destinati al gigante asiatico rispettivamente in Alabama e in South Carolina. Auto che potrebbero diventare potenziali vittime dei contro dazi di Pechino. «Tutto quello che abbiamo da dire su questo è stato già detto ultimamente dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e dalla commissaria al Commercio Cecilia Malmstroem, non abbiamo altro da aggiungere», è stato il lapidario commento di Bruxelles all’ultima minaccia di Trump.
Le contro tariffe varate dalla Ue ed entrate in vigore nelle ultime ore hanno un valore complessivo di 2,8 miliardi di euro. E, oltre ai jeans e alle moto, colpiscono altri beni icona come il whiskey bourbon, le scarpe da ginnastica, i cereali e il burro d’arachidi. Un lungo elenco che interessa marchi di multinazionali americane come Nike, All Stars o Kellog’s. Le case automobilistiche europee sono le principali esportatrici di automobili, con una quota di mercato del 25% e per un valore che si aggira sui 192 miliardi di euro. A seguire ci sono Cina, Turchia, Giappone, Corea del Sud. Qualche preoccupazione per l’escalation minacciata da Trump agita anche i sonni delle cosiddette “Big Three” di Detroit - General Motors, Ford e Fiat Chrysler - che temono a loro volta rappresaglie. Anche se le case americane, che in Europa sono soggette a una tariffa del 10%, in realtà producono la gran parte delle auto destinate agli europei già nel Vecchio Continente, trattandosi di prodotti mirati a quello specifico mercato. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico