Renault, boicottaggio chiesto in Turchia da Erdogan coinvolge anche l'Esercito. La Regie socia dei militari in Oyak Automotive

La sede Renault a Bursa
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PARIGI - Nubi di tempesta sulla regione turca di Marmara e più precisamente sopra a Bursa, l'ex capitale ottomana a due ore di traghetto da Istanbul. La tensione fra il presidente Tayyip Erdogan e la Francia - anche a seguito della richiesta fatta al popolo turco di boicottare i prodotti francesi - potrebbe infatti impattare sulle attività industriali che la Losanga ha avviato a Bursa fin dal 1969 una importante attività produttiva destinata non solo al mercato locale ma, dagli ultimi anni, anche all'esportazione in Europa. Posseduto al 51% da Renault e al 49% dalla turca Oyak Automotive Logistics Group - che fa capo al fondo pensioni dell'Esercito Turco, del comando generale della Gendarmerie e al comando generale della Guardia Costiera - lo stabilimento di Bursa occupa 6.296 persone ed è uno dei più grandi impianti Renault con una capacità annua di 360mila auto e 750mila motori. In particolare nel 2019 vi sono state costruite 122.451 Renault Clio 5, 152.599 Clio 4, 29.342 Clio 4 Sporter e 137.749 unità di Renault Megane Sedan, nota in alcuni mercati come Fluence. Oltre alla contraddizione di chiedere il boicottaggio di prodotti che sono fabbricati (e quindi creano reddito) da un'azienda partecipata da un settore del proprio apparato militare, il 'caso Renault Oyak' sollevato da Erdogan impatta sulla stessa economia interna del Paese, dato che da Bursa escono i modelli Renault e Dacia che rappresentano oltre il 17% della quota del mercato interno. Quarto partner commerciale della Ue dopo Stati Uniti, Cina e Russia la Turchia è da tempo una roccaforte strategica per le Case automobilistiche e per i produttori di componentistica ad esse collegate.

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Corriere Adriatico