ROMA - Gli salvò la vita, e Niki Lauda si ricordò di ringraziarlo solo trent’anno dopo. A raccontare il rapporto di amore-odio, tra la pista e il paddock, con...
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Quando uscì dalla clinica lo feci anche intervenire in diretta nella trasmissione a cui partecipò. Allora disse che stava meglio ma sapevamo che aveva i giorni contati. Ormai era costretto a vivere con una bombola d’ossigeno. Dopo l’operazione ai polmoni sapevamo che ogni giorno che passava era un giorno guadagnato. È riuscito a sopravvivere alcuni mesi ed è stato già tanto». Poi Merzario racconto di quando gli salvò la vita al Nurburgring in Germania nel ‘76: «all’inizio non riuscivo a slacciargli la cintura di sicurezza, si era contorto il telaio, il pericolo era che le lamiere mi tagliassero. Riuscii a salvarlo, quei due minuti furono fondamentali per tenerlo in vita e far intervenire i medici». È vero che non la ringraziò per averlo soccorso? «Sì mi ringraziò solo dopo, nel 2006. C’era troppa rivalità, eravamo davvero nemici-amici».
«Allora - ricorda Merzario - i piloti erano così, in pista non si guardava in faccia nessuno, ma non c’era l’avidità di adesso e c’era di sicuro un grande senso di solidarietà nei momenti difficili. Quando c’era un incidente facevamo cartello per ritardare la partenza e consentire al nostro collega coinvolto nell’incidente di ripartire. Ritardavamo apposta le ripartenze, una cosa che ora non succede più. Certo - conclude Merzario con un pizzico di amarezza - che Niki aveva fatto trenta e ora poteva fare trentuno. Poteva vivere almeno altri dieci anni. E ora senza la sua presenza nella Mercedes guidata da Toto Wolff non escluso che possa cambiare qualcosa». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico