GINEVRA - Accogliente, funzionale, raffinata. Fino a metà marzo la città più ricca (e cara...) del pianeta e anche la capitale del mondo dell’auto....
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Così sulle sponde del Lago circondato da montagne innevate si danno appuntamento protagonisti provenienti da tutti i continenti che svelano personalmente importanti novità ed esprimono i loro illustri pareri sul presente e sul futuro dello strategico settore. Quest’anno la regina del salone è stata un’auto che non c’era. Che non esiste. Che forse non esisterà mai. Nessuno dei super manager si è infatti potuto sottrarre all’immancabile domanda sulla iCar, una tecnologica quattro ruote (magari a zero emissioni e a guida autonoma) che Apple potrebbe presto affiancare a prodotti capaci di far saltare il banco come l’iPod, iPad, l’Phone per rispondere a Google già un pezzo avanti nello sviluppo della citycar del futuro (super connessa e senza pilota).
“Region” matura, affollata e sotto pressione, surclassata da locomotive ad alta velocità come il Nord America e la Cina, la vecchia Europa dei motori sembra aver ripreso vigore: non è proprio una corsa, ma un segnale di ripresa c’è. I costruttori, più che in altre fasi, appaiono allineati sulle linee strategiche e non si “beccano” l’uno con l’altro, anzi si scambiano segnali di amicizia e distensione. Sulla iCar, anche se con toni e sfumature diverse, sono tutti d’accordo: tanto rispetto, ma nessuna paura, capacità di marketing e risorse finanziare dei colossi della new economy possono essere uno stimolo più che uno spettro.
Pure su aspetti più tradizionali Winterkorn è Marchionne (che spesso hanno fatto scintille) sono dello stesso parere: il diesel non è il male assoluto, non va combattutto, ma difeso, può ancora dare tanto nella sfida alla riduzione della CO2. Idee comuni anche sull’ibrido: motorizzazione indispensabile per rispettare le future normative, ma più costosa, quindi va in qualche modo sostenuta a livello comunitario. Sull’argomento non si espongono, ma si sfregano le mani quelli della Toyota che hanno fatto di Hybrid il loro pane quotidiano e che ora guardano all’idrogeno esponendo per la prima volta in Europa la formidabile Mirai, una berlina già in vendita che emette dal tubo di scarico solo vapore acqueo e può percorrere oltre 500 km senza rifornimento.
Alla Toyota vanno bene anche in conti nel nostro continente e il numero uno europeo Didier Leroy è stato promosso proprio in occasione del salone svizzero in una posizione mai ricoperta finora da un manager non giapponese: nei primi 3 trimestri dell’anno fiscale 2014-2015 (per le case nipponiche si chiude a marzo) gli utili di TME hanno sfiorato i 500 milioni. Così Leroy ha risposto all’altra immancabile domanda sulla Russia: «Cosa avremmo fatto senza i problemi di quel mercato? Forse un po’ meglio, ma noi facciamo profitti anche lì...».
Chi è il più felice (e si vede) è forse Marchionne. È vero Fca fa meno utili degli altri e non distribuisce dividenti, ma le posizioni di partenza erano molto diverse rispetto ai rivali e l’ad nel 2014 ha fatto nascere un nuovo gigante quotato a Wall Street che nell’ultimo trimestre dello scorso anno ha portato a casa un risultato operativo con segno più in tutte le region della Terra, Emea compresa. In Psa si vedono i primi segnali della cura Tavares e l’azienda appare più solida; Ghosn, l’altro Carlos, gestisce al meglio l’elettrico che va con i freni tirati e continua a far crescere in modo sorprendente la più funzionale delle alleanze (Renault-Nissan).
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Corriere Adriatico