ROMA - Correre veloce con passo felino per raggiungere, senza farsi sentire, la propria preda. Se un pubblicitario avesse dovuto coniare un’immagine per descrivere una...
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La casa inglese si è infatti guadagnata la sua gloria non solo con la bellezza delle proprie vetture, ma soprattutto con successi prestigiosi conquistati nell’epoca d’oro del motorismo sportivo. La prima vittoria arrivò tuttavia con un’auto derivata dalla serie e disputata su strade normali: la conquistò la NUB120 derivata dalla XK120 al Rally delle Alpi del 1950, guidata da Ian Appleyard e dalla moglie Patricia, figlia del fondatore della Jaguar, Sir William Lyons. La consacrazione vera arrivò invece nell’anno successivo quando la XK120-C, passata alla storia con il nome di C-Type, vinse la 24 Ore di Le Mans e si ripetè due anni dopo portando al debutto un’innovazione tecnica che oggi hanno tutte le automobili: i freni a disco. Grazie ad essi, Jaguar colse una prestigiosa doppietta con piloti tutti britannici – tra cui c’era Stirling Moss – e diventò l’oggetto del desiderio di molti piloti, compreso Clemente Biondetti. Il re della Mille Miglia (4 vittorie, nessuno come lui) trapiantò il suo 6 cilindri in linea all’interno del telaio di una Ferrari 166 dando vita ad un pezzo unico passato alla storia come la Jaguar Biondetti.
La casa inglese consolidò poi la sua fama con la D-Type, prima auto da corsa con telaio monoscocca e dallo studio aerodinamico raffinatissimo, testimoniato dalla pinna dietro al pilota, che le permetteva di essere con il suo 6 cilindri in linea più veloce delle strapotenti Ferrari con motore V12. Dominò Le Mans tra il 1955 e il 1957 che fu l’anno dell’apoteosi: quattro vetture ai primi 4 posti. Nuovi successi sul circuito di Le Sarthe arrivarono oltre 30 anni dopo con le famose XJR a ruote carenate realizzate con la TWR, che vinsero nel 1988 e nel 1990, piazzando in quel caso una perentoria doppietta. Il quinquennio in Formula 1 portò 49 punti iridati in tutto e due terzi posti (Monte Carlo 2001 e Monza 2002), seguito da un lungo periodo di letargo sportivo fino al 9 ottobre 2016, quando fa il suo debutto la I-Type 1 guidata dal brasiliano Nelson Piquet jr e da Mitch Evans, coppia che ha permesso alla Jaguar di conquistare lo scorso anno il 6° posto della classifica per team. Nel primo caso parliamo di un figlio d’arte e del primo campione di Formula E, nel secondo del pilota che ha portato per la prima volta la Jaguar sul podio (round 2 ad Hong Kong) e alla sua prima pole position (Zurigo). Evans si è anche dimostrato il più veloce nei test di Valencia con il 13° tempo (1’17”864) mentre Piquet non è riuscito a fare meglio del 22° con 1’18”498. Segno che la nuova I-Type 3 ha bisogno ancora di esplorare il suo potenziale, attraverso il miglioramento certosino di tutte le oltre 800 nuove parti che la compongono.
Ovviamente tutto nuovo il powertrain che è stato sviluppato interamente da Jaguar in collaborazione con Panasonic, un partner che da sempre recita un ruolo di primo piano nell’elettrificazione: sua la batteria della prima Toyota Prius e sue le celle utilizzate da Tesla per i suoi accumulatori. Il motore ha un regime di rotazione di oltre 30.000 giri/min e ha una densità di potenza di 10-12 kW/kg che fa pensare ad un peso di circa 100 kg, mentre l’inverter è al carburo di silicio, tecnologia condivisa da altri costruttori. Confermato anche il pilota di riserva: il cino-olandese Ho-Pin Tung. L’obiettivo del team Jaguar Panasonic è migliorare il risultato della scorsa stagione, correndo con quel passo veloce e silenzioso che si addice ad un autentico felino elettrico.
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Corriere Adriatico