LONDRA - Dopo il cauto ottimismo derivante da possibili accordi su una Brexit “dolce” per l’industria dell’auto - una delle più importanti in Gran...
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Queste scorte vengono rialimentate attraverso il flusso della cosiddetta logistica, con un costante arrivo di container e autocarri alle fabbriche. Ora, la prospettiva di tempi lunghi per superare le dogane tra GB e Ue, accompagnata dalla non remota possibilità di disordini e manifestazioni ai confini, ha attivato tutti i produttori - locali e non - che hanno impianti nell’isola. Tra i più a rischio vi è Jaguar Land Rover, che ha necessità di stoccare «decine di milioni di parti e componenti» (così riferisce Autoweek) per non vedere compromessa la produzione dall’effetto Brexit. Aston Martin ha già aumentato lo stock da due a cinque giorni lavorativi e sta studiando itinerari alternativi per far arrivare parti (motori AMG compresi) dalla Germania senza incappare nelle dogane più intasate. Honda, che aveva annunciato uno stop di 6 giorni in aprile per prepararsi al dopo Brexit, sta rivedendo i programmi in funzione di difficoltà ancora maggiori.
Nubi tendenti al grigio scurissimo anche sul cielo di Goodwood dove ha sede la Rolls-Royce (gruppo Bmw) perché i diversi modelli super lusso di questo brand utilizzano un 92% di parti provenienti da fuori GB. Le linee sono alimentate da 35 viaggi al giorno con tir che attraversano la Manica provenienti dalla Germania e lo stesso problema sussiste per Bentley che fa invece parte del Gruppo Volkswagen. Prospettive decisamente negative nel post Brexit anche per Ford che potrebbe decidere - nell’ambito del suo piano di ristrutturazione - di fermare la produzione in Gran Bretagna, spostandola (ora che l’accordo è stato annunciato) in qualche impianto del Gruppo Volkswagen nell’Europa continentale. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico