Crisi chip, 210 miliardi dlr di ricavi in meno per industria auto. Sono 76,9 milioni veicoli prodotti 2021 anziché 84,6

I microchip sono componenti fondamentali per il settore Automotive
MILANO - L’impatto della crisi dei chip sull’industria automobilistica potrebbe essere molto più elevato rispetto alle previsioni del secondo trimestre 2021....

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MILANO - L’impatto della crisi dei chip sull’industria automobilistica potrebbe essere molto più elevato rispetto alle previsioni del secondo trimestre 2021. Secondo gli analisti di AlixPartners, che a maggio avevano indicato in 110 miliardi di dollari (93,74 miliardi di euro) questa perdita di fatturato, potrebbe quasi raddoppiare arrivando a 210 miliardi di dollari (179 miliardi di euro). Questa previsione - sottolinea The Detroit Bureau nel riportare la notizia - riflette la probabilità che le Case automobilistiche debbano continuare a lottare per trovare i chip di cui necessitano almeno fino alla prima parte del 2022, mentre inizialmente si era parlato di una fine dei problemi già in questo autunno. Che la situazione sia critica lo conferma il fatto che il presidente Biden ha tenuto il suo secondo vertice in cinque mesi con i produttori e gli utilizzatori di semiconduttori, per fare maggiore chiarezza sulla crisi. La prosecuzione della carenza di semiconduttori - secondo gli esperti intervistati da DetNews - avrà un impatto oltre che sull’industria anche sugli acquirenti di auto.

«Tutti avevano sperato che la crisi dei chip si sarebbe ormai attenuata, ma eventi sfortunati come il lockdown da Covid-19 in Malesia - ha affermato Mark Wakefield, co-responsabile del settore automobilistico di AlixPartners - e analoghi problemi in altri Paesi hanno esacerbato le cose». Finora 8 stabilimenti della General Motors - 4 negli Stati Uniti, 3 in Messico e uno in Canada - sono rimasti inattivi questo mese per due o più settimane a causa della mancanza di chip. Anche Ford e Stellantis hanno ripetutamente fermato gli stabilimenti con questa carenza di parti che va a colpire alcune delle linee di prodotto più redditizie, come i pickup full-size Ford F-150 e Ram 1500. È stato calcolato che l’Ovale Blu perda quasi 1 miliardo di dollari ogni 100mila pick-up della serie F non prodotto. David Whiston, analista di Morningstar, ha stimato che Ford vedrà ridurre il suo fatturato di circa 4,7 miliardi di dollari ogni 100mila pick-up della Serie F tagliati dal programma di produzione. Sulla base dell’EBIT, la perdita - ha scritto Whiston in un rapporto del 13 agosto - arriverà a 937 milioni. La crisi non è limitata agli Stati Uniti, praticamente ogni Casa automobilistica, da Berlino a Pechino, è stata colpita. Il nuovo studio AlixPartners stima che l’industria globale perderà circa 7,7 milioni di veicoli dalla produzione inizialmente prevista per quest’anno, il doppio rispetto a quanto era stato indicato (3,9 milioni) dalla società di consulenza a maggio.

L’industria dell’auto aveva iniziato il 2021 con l’aspettativa di costruire 84,6 milioni fra auto, light truck e suv, cifra che ora scende a circa 76,9 milioni, per di più in un momento in cui quasi tutti i mercati sono caratterizzati da una crescita della domanda. Le immatricolazioni - scrive The Detroit Bureau - sono però crollate, a causa della mancanza di prodotto: in Usa secondo JD Power e altri analisti, gli inventari dei concessionari sono appena un terzo di quelli considerati normali in questo periodo dell’anno, e arrivano appena 1 milione di veicoli nei parcheggi degli showroom. L’impatto della crisi dei chip sui consumatori è duro quasi quanto quello sull’industria automobilistica, con il prezzo medio delle transazioni - riferisce Cox Automotive - salito in Usa a circa 43mila dollari, un livello record. E si arriva all’assurdo che alcuni automobilisti stanno pagando 5.000 dollari e più rispetto al prezzo (indicato in quel mercato da un adesivo obbligatorio sull’ auto) per i modelli più popolari, come Kia Telluride,Ford F-150 e Chevrolet Corvette. E di conseguenza anche i prezzi delle auto usate, afferma il servizio di monitoraggio Manheim, sono aumentati a livelli record durante la prima metà di settembre. 

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Corriere Adriatico