Crisci (Unrae): «L’auto ha grandi opportunità, può aiutare la ripresa»

Michele Crisci, presidente dell'Unrae
ROMA - Colloquio con le altre associazioni e le istituzioni per affrontare le grandi trasformazioni dell’automobile e della mobilità attraverso lo svecchiamento del...

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ROMA - Colloquio con le altre associazioni e le istituzioni per affrontare le grandi trasformazioni dell’automobile e della mobilità attraverso lo svecchiamento del circolante, lo sviluppo di nuove infrastrutture e un piano che integri il trasporto privato con quello pubblico. Queste sono le priorità di Michele Crisci, presidente Unrae dall’aprile scorso dopo due mandati di Massimo Nordio.


Quali sono gli elementi di continuità con la precedente presidenza?
«Molti. Dopo anni di crisi, il tema sono le grandi trasformazioni che il mondo dell’automobile è chiamato ad affrontare. Oramai parliamo di mobilità e c’è la necessità di ammodernare le infrastrutture del paese facendo in modo che sia in grado di intercettare le nuove tecnologie. L’Unrae ha una posizione di neutralità tecnologica. Elettrico, ibrido o metano… vanno tutti bene: basta che riducano l’impatto ambientale anche in vista dell’obiettivo dei 95 g/km di CO2 nel 2021 e di un’ulteriore riduzione del 30% entro il 2030. Ci sono poi i temi della guida condivisa e della guida autonoma e tutte le nuove tecnologie che il nostro mondo politico e la nostra industria devono cogliere».

Quali sono i problemi e le opportunità?
«L’automobile ha determinato negli ultimi 30-40 anni il nostro stile di vita e le infrastrutture di comunicazione. La speranza è che i prossimi cambiamenti dell’auto possano rilanciare l’economia. Occorrono investimenti molto importanti e il rinnovamento del parco circolante che è il più vecchio d’Europa e uno dei più inquinanti. C’è dunque bisogno di una cabina di regia e di una sceneggiatura».

In questa cabina di regia chi ci dovrebbe essere?
«Le associazioni che riguardano il mondo dell’auto, FCA e le associazioni che riguardano il noleggio, il finanziamento e i concessionari perché questo è un percorso che dobbiamo fare tutti a braccetto per enucleare temi comuni che dobbiamo portare presso le istituzioni».

Quali sono i punti sui quali, come associazioni, dovete trovarvi concordi?
«Il primo è il ricambio del parco circolante che non deve tenere conto solo delle nuove forme di motorizzazione. C’è una parte che ha un ricambio veloce e un’altra da 10 milioni di auto, dall’Euro 0 all’Euro 3, che ha un ritmo di ricambio di 50-60mila unità all’anno. Non possiamo incidere a questo ritmo su automobilisti che non hanno una grande possibilità di spesa e che difficilmente acquisteranno un’auto elettrica o un ibrido. Il punto è premiare subito l’acquisto virtuoso e puntare su elettrico e idrogeno nel medio e lungo periodo, ma dobbiamo partire da quello che il mercato offre adesso anche perché, al momento, non c’è un’infrastruttura».

Quali potrebbero essere le misure?
«Fare in modo che gli acquisti abbiano una qualità. Non si capisce perché chi acquista delle finestre o una caldaia per migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni abbia una defiscalizzazione e questo non possa esserci per le automobili. Potremmo anche defiscalizzare gli interessi sulle rate, come avviene sui mutui. La nostra idea non è di vendere più macchine, ma dare qualità all’acquisto».

Che cosa succederebbe se ci fosse per l’auto aziendale una tassazione strutturalmente allineata agli altri paesi?
«Intanto speriamo che il governo confermi il super ammortamento nella legge di stabilità che in questi ultimi 2 anni ha quasi bilanciato la tassazione sfavorevole. Se non fosse prorogato, rischieremmo un crollo dopo giugno 2018. Una tassazione a livelli europei per l’auto aziendale darebbe un grandissimo impulso soprattutto per la velocità di ricambio creando un mercato di quantità e qualità».

Qual è il rapporto tra Unrae e Aniasa?
«Con Aniasa la relazione è ottima. Io e Andrea Cardinali (il presidente, ndr) ci sentiamo spessissimo condividendo temi e preoccupazioni. Il noleggio ha una fetta sempre più ampia del mercato, anche verso i privati, ed è il primo a portare su strada le nuove tecnologie provvedendo a gestire anche l’usato».

Il noleggiatore è per la casa un concorrente?
«Al momento no. Prima di tutto, le aziende di noleggio per noi sono clienti straordinari, ma le case automobilistiche si stanno aprendo sempre di più verso servizi come il noleggio e il car sharing e potrebbero diventare concorrenti dirette. Il noleggio però è un business diverso e comporta rischi enormi e le case, soprattutto quelle premium, hanno maggiore presenza sul territorio ed il brand, un fattore che crea valore anche per le aziende di noleggio».

E allora dove va il cliente?
«Penso che il pubblico chiederà sempre di più la mobilità come un servizio. Il cliente fisserà il suo budget, e non si dedicherà più a configurare la vettura, ma i servizi che gli permetteranno di muoversi pagando un forfait o a consumo. Avrà un pacchetto e un costo certo con varie possibilità, un po’ come succede con le società telefoniche: un abbonamento a un costo prefissato con la possibilità di scegliere tra 3 o 4 telefoni. Penso che in futuro il 50-60% dei clienti non sceglierà la vettura, ma il servizio».

Le case hanno un piano di lancio imponente per le auto elettriche, l’Enel ha annunciato il proprio piano infrastrutturale. Mancano le istituzioni. Che cosa dovrebbero fare?

«L’elettrico, a batteria o a idrogeno, sarà la scelta più importante per il futuro. Penso che ci debba essere un piano infrastrutturale statale, ma debbano esserci anche politiche e facilitazioni sul territorio. Il piano di Enel per 14mila colonnine è ottimo, ma va rafforzato nei numeri. Ci vuole anche un piano che stimoli la grande distribuzione, gli alberghi, i ristoranti, le aziende, gli ospedali, le stazioni dei bus, delle metropolitane e ferroviarie ad installare colonnine. Ma questo si può fare solo con un piano che integri trasporto pubblico e privato. Io auspico questa integrazione: chi crede di risolvere i problemi della mobilità eliminando il trasporto privato si sbaglia perché la mobilità è un fattore di libertà e non è mobilità se non è libera». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico