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Oriana Clarizia, professoressa ordinaria di Istituzioni di diritto privato del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli e componente della Commissione Pari Opportunità del Dipartimento di Giurisprudenza, analizza la possibilità di attribuire anche il cognome della madre al figlio. È un segnale di cambiamento culturale? Ci sono ulteriori segnali verso l’eguaglianza tra uomo e donna?
«Il progressivo superamento dell’automatica attribuzione del cognome paterno è indice di importanti cambiamenti sul piano sociale e culturale, prima ancora che giuridico, e testimonia il mutato ruolo della donna anche nell’ambito della compagine familiare, al di là dai diversi schemi nei quali quest’ultima oggi si articola. Segnali incoraggianti si registrano anche in altri ambiti: si pensi all’affermarsi del professionismo sportivo femminile e alla parità di genere anche in ruoli dirigenziali e in processi decisionali. A tal riguardo, il decreto legislativo numero 36/2021 ha introdotto il Capo II “Disposizioni a sostegno delle donne nello sport” e, all’articolo 40, ha sancito la promozione, da parte di Regioni, Province autonome e Coni della parità di genere, favorendo l’inserimento delle donne nei ruoli di gestione e di responsabilità delle organizzazioni sportive».
La giurisprudenza come ha contribuito al raggiungimento di tale risultato?
«Il ruolo della giurisprudenza è stato decisivo.
Siamo maturi per questi cambiamenti?
«Le innovazioni legislative e giurisprudenziali riflettono i mutamenti che si registrano nella realtà sociale. I tempi sono maturi per elaborare percorsi normativi che garantiscano l’eguaglianza nelle sue molteplici forme ed ambiti. Con riferimento al tema specifico dell’attribuzione del cognome si avverte l’esigenza di garantire tale risultato senza compromettere la generale funzione identitaria del cognome. L’auspicio è che il legislatore accolga l’invito della Corte costituzionale e adotti una disciplina che impedisca che l’attribuzione del cognome di entrambi i genitori si traduca, nel succedersi delle generazioni, in un meccanismo che moltiplichi i cognomi. Al contempo, è opportuno tutelare l’eventuale interesse del figlio a non avere un cognome diverso rispetto a quello dei propri fratelli e sorelle».
Come valuta il clamore dopo la decisione di questa coppia?
«Il tema dell’eguaglianza assume particolare importanza e va affrontato con ponderazione, evitando discriminazioni alla rovescia, a danno degli uomini. Il clamore, se guidato dal senso di responsabilità e animato dal dibattito costruttivo, è un fattore positivo in quanto contribuisce a diffondere la cultura dell’eguaglianza».
Nella Commissione Pari Opportunità del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Federico II come affrontate tali tematiche?
«Il Dipartimento di Giurisprudenza e, più in generale, l’intero Ateneo mostra grande attenzione per i temi dell’eguaglianza, della parità di genere e dell’inclusione. Nel Dipartimento di Giurisprudenza questo impegno è testimoniato dai lavori della Commissione Pari Opportunità che, con il fattivo lavoro di docenti di diversi insegnamenti, coordinati dalla professoressa Francesca Galgano, promuove iniziative e incontri di studio nei quali il tema della eguaglianza di genere è analizzato nei suoi risvolti applicativi e nelle sue declinazioni giuridiche. In Ateneo, un costante lavoro è svolto dal Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità. La Federico II, inoltre, si è dotata di un proprio Piano di uguaglianza di genere. La cultura, il sapere accademico e le competenze di ciascuno sono al servizio della Comunità per contribuire ad affrontare e risolvere problemi nuovi con adeguata sensibilità e ferma attenzione per la effettiva tutela dei diritti umani».
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