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Fabio Bordignon, professore di Scienza politica all’Università di Urbino e responsabile Osservatorio elettorale LaPolis, nel saggio “Le divergenze parallele” affronta il passaggio dal voto devoto, fidelizzato, al voto liquido. Oggi che voto è? Rassegnato?
«Direi un voto stanco. Alcune etichette rimangono, mi riferisco a quelle su fluidità, volatilità e incertezza, ma non possiamo trascurare come si arriva a questo appuntamento con le urne, con un elettorato passato attraverso le forche caudine di pandemia, guerra e difficoltà economiche, soprattutto considerando anche il modo in cui è finito il governo Draghi.
Il voto giovane è un’incognita o la novità del voto al Senato per i 18enni può essere attrattiva?
«Non è il voto dei giovani l’incognita. Se dovessi individuare una generazione problematica guarderei ai fratelli più grandi, a quella fascia tra i 30 e i 40 anni dove tendono a concentrarsi i sentimenti di sfiducia e di protesta. La fascia, per intenderci, che nel 2018 ha premiato i 5 Stelle. Il perchè è abbastanza intuibile: i giovani non sono ancora entrati nel mercato del lavoro».
Quanto è consistente la fetta degli indecisi?
«Gli indecisi sono sempre molto difficili da misurare, circa un elettore su 4 decide per chi votare nell’ultima settimana e di questi la metà sceglie l’ultimo giorno. Margini per avere sorprese ci sono ma non tanto da stravolgere i pronostici».
La tragedia dell’alluvione può influenzare il voto delle Marche?
«Nelle tragedie a ridosso del voto sono sempre un po’ restio a trovare concatenazioni causa/effetto, un impatto ci potrebbe essere sulla partecipazione ma per problemi logistici, pratici. Anche se questo tipo di eventi si innesta su un territorio come quello delle Marche che ha mostrato, come dire, a livello di orientamento politico una grande effervescenza negli ultimi anni». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico