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CASETTE D'ETE - Dieci anni fa Diego Della Valle annunciava che Tod’s avrebbe sostenuto il restauro del Colosseo con 25 milioni euro e di lì a poco l’ingaggio, tra le numerose altre, di Anne Hathaway come testimonial per la campagna 2011/2012. Ieri il tycoon di Casette d’Ete ha offerto una delle sue consuete e visionarie riletture del tempo annunciando l’ingresso nel consiglio di amministrazione di Tod’s di Chiara Ferragni, la regina delle fashion blogger che Forbes nel 2017 aveva nominato «influencer di moda più importante nel mondo». Un colpo spiazzante, alla Della Valle, capace di far guadagnare al titolo il 5,9% in una sola giornata facendo issare il prezzo di un’azione oltre quota 32 euro, territorio che non visitava da oltre 14 mesi.
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Al di là del colpo di teatro e delle dichiarazioni dei comunicati ufficiali (in breve, Della Valle: «Ci avvicinerà al mondo dei giovani, cercheremo di costruire progetti solidali e di sostegno per chi ha più bisogno»; in breve, Ferragni: «Ringrazio Della Valle per la fiducia e il rispetto che ha nei miei confronti come donna e manager») il colosso fermano compie un salto laterale abbastanza impressionante andando a cercare il vento dopo la prolungata (e devastante) bonaccia della pandemia nel campo di regata più lontano rispetto a quello del core business di Tod’s: una donna, manager e imprenditrice, con una social reputation internazionale ma anche molto italiana, capace di declinare un modello di business digitale, il business del futuro. Un’operazione quindi che nasce come risultante di un’intersezione di sistemi nei quali Tod’s già operava ma dove aveva bisogno di cercare una dimensione completamente diversa: marketing per la fascia giovane, finanza, immagine, community, solidarietà e in senso lato, sostenibilità.
Poi è un’operazione che gli analisti finanziari chiamano in senso tecnico di gender diversity. Anche qui: Tod’s aveva già ottemperato alla nuova normativa, cambiata nel 2015: c’era stato l’allargamento del consiglio di amministrazione a 15 membri con la presenza di tre donne (Cinzia Oglio, Sveva Dalmasso e Romina Guglielminetti), poi diventate cinque nel corso degli anni (oggi ci sono anche Emanuela Prandelli e Marilù Capparelli). Che l’ingresso della Ferragni avvenga all’alba del mondo dopo il Coronavirus (o qualcosa che gli si avvicini, è auspicabile) dà anche il polso di una volontà della proprietà di riposizionare il suo rapporto con un mondo (quello delle nuove generazioni) con il quale, evidentemente e per i motivi più vari, era maturata una distanza sempre più netta. Così dall’ingaggio delle testimonial qui si passa alla governance: siamo in una galassia parallela, un rotondo salto quantico. Quanto l’operazione sia di marketing, quanto possa cambiare il business model e quanto possa essere preludio a una modifica delle nuove creazioni lo scopriremo molto presto.
Di sicuro, per molti versi, si tratta di due mondi abbastanza estremi che si toccano.
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Corriere Adriatico