Sanità Marche, ecco il nuovo corso ma la metà dei direttori è l’eredità di vecchie giunte

Presentata ieri la squadra che dovrà dare sostanza alla riforma

Sanità Marche, ecco il nuovo corso ma la metà dei direttori è l’eredità di vecchie giunte
ANCONA Gli ultimi due tasselli nel puzzle della sanità regionale sono stati inseriti. Ieri si sono ufficialmente insediati alla guida dell’Azienda sanitaria...

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ANCONA Gli ultimi due tasselli nel puzzle della sanità regionale sono stati inseriti. Ieri si sono ufficialmente insediati alla guida dell’Azienda sanitaria territoriale 2 di Ancona e dell’Ast 5 di Ascoli Piceno, rispettivamente, Gianni Stroppa e Nicoletta Natalini. I due direttori che ancora mancavano all’appello perché, avendo incarichi in altre regioni al momento della nomina, hanno dovuto chiudere quel capitolo prima di passare nelle Marche. Ora la squadra creata dalla giunta Acquaroli per dare sostanza alla riforma sanitaria varata lo scorso agosto è al completo e ieri è stata presentata con tutti i crismi a Palazzo Raffaello.

 


Il new deal


Un nuovo corso che però, a ben guardare, pesca a piene mani nel bacino di chi già operava nelle precedenti amministrazioni di centrosinistra. Partiamo dalla figura apicale della nuova macchina della sanità: il capo del Dipartimento Salute della Regione Antonio Draisci, che viene dalla scuderia di Marche Nord dove, nel 2015, era stato nominato direttore amministrativo. Stessa palestra da cui arriva Maria Capalbo, che nell’azienda - ora soppressa - del Pesarese ricopriva il ruolo di direttrice generale. Nel new deal avviato da Acquaroli&co guida invece l’Inrca. E ancora Nadia Storti, oggi direttrice dell’Ast 1 di Pesaro, ma che l’ex governatore Ceriscioli aveva messo a capo dell’Asur (anche questa azienda oggi soppressa). Ci sono poi Stroppa - che tuttavia ammette di dover ristudiare la situazione dell’Ast 2 per capire quali sono le necessità di un territorio da cui si era allontanato ormai da anni - e Gilberto Gentili (il secondo, direttore dell’Ast 4 di Fermo), anche loro vecchie conoscenze delle Marche dato che ricoprivano ruoli apicali nel Sistema sanitario regionale nell’era Spacca. La vera e propria new entry della squadra è Natalini, pescata dall’azienda Usl Irccs di Reggio Emilia, dove era direttrice sanitaria. Un passato, il suo, nel Pd emiliano romagnolo. Forse i due nomi che possano dirsi veramente espressione della giunta Acquaroli sono Armando Gozzini - chiamato da Milano per guidare il Dipartimento Salute e a cui poi sono state date in mano le redini dell’Azienda ospedaliero universitaria delle Marche - e Daniela Corsi, scelta come direttrice dell’Ast 3 di Macerata nonostante il suo ricorso per essere inserita nell’elenco nazionale degli idonei al ruolo non sia ancora andato a buon fine. «Ma, come giunta, l’abbiamo voluta comunque per rimarcare la nostra fiducia nei suoi confronti», ha sottolineato l’assessore alla Sanità Filippo Saltamartini.


Le scelte


Ultima, ma non in ordine di importanza, Flavia Carle, nome tecnico preso dall’Università Politecnica delle Marche per avviare il nuovo corso dell’Ars. «Le scelte sono state effettuate sulla base di un rigoroso screening esclusivamente professionale, che ha portato all’individuazione dei migliori professionisti da incaricare: il meglio del meglio», la puntualizzazione di Saltamartini. Niente di male, dunque, se vengono da squadre guidate dalle precedenti giunte di centrosinistra per oltre la metà. La cosa importante è che ora siano all’altezza delle sfide che il delicato settore pone davanti a loro. 


Le sfide


«Siamo ai nastri di partenza: ora caliamo sul territorio la riforma per centrare gli obiettivi», lancia la volata il governatore Francesco Acquaroli. «Una riforma così complessa si costruisce con la scelta di una classe dirigente che sia in grado di calarla nella migliore maniera possibile», aggiunge. E ha ben chiare le sfide: «La criticità più forte che vivono le Marche è dovuta al turn over. I medici che vanno in quiescenza non sono sostituiti da quelli in entrata perché le università italiane non sono state in grado di formare un numero sufficiente di medici per contemperare le esigenze. Nei prossimi 7 anni andranno in quiescenza 500 medici di base, ma ne entreranno poco più di 200». Uno dei tanti nodi con cui il nuovo dream team dovrà misurarsi. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico