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ANCONA - Chi conosce le cose dei Pd, sostiene che è sempre stato così. Un braccio di ferro continuo, duro ed estenuante. E, per quanto sbalorditivo, la storica scoppola rimediata alle scorse Regionali non cambierà l’orizzonte.
Dunque, anche con l’attenuante del Covid, a otto mesi dal 21 settembre è tutto fermo: il segretario che ha promesso le dimissioni (Gostoli) non si è dimesso e il suo green pass è la direzione di dicembre che ha ratificato il compito di traghettare il partito al congresso. Quello è l’ultimo domicilio conosciuto del Pd Marche.
In mezzo il Covid, poi c’è stata la direzione di un mese e mezzo fa in cui Gostoli ha proposto la prima finestra utile per il congresso (giugno-luglio).
Le versioni
Ma non si sono fatti passi avanti sul “quando”. E allora? Qui le versioni divergono e si entra nella palude: Gostoli interpreta il mandato in senso stretto. Ovvero: quando si fissa il congresso io mi dimetterò. A riprova, ha lasciato lo stipendio da segretario a gennaio e ora è direttore di Rete Comuni sostenibili, ente considerato di area Ricci (il presidente è l’offidano Lucciarini), particolare che non aiuta affatto a rasserenare gli animi.
E l’ex Area 70?
L’ex Area 70, invece, l’area di maggioranza guarda con sospetto al congresso perché sa che, sull’altra sponda, Ricci è pronto a guadagnare campo.
Le sabbie mobili
Ma nella palude tutto finisce nelle sabbie mobili. «Una transizione nella transizione? - dicono dalla sponda di Ricci - un’occasione sprecata e un fine corsa tra due anni quando magari il segretario regionale andrà cambiato di nuovo». E qui invece interviene Gostoli, trasparentemente rigido: «Il mandato è andare a congresso, bisogna evitare che si faccia l’errore fatto con me, il nuovo segretario deve avere quattro anni davanti per tessere un progetto per le prossime Regionali». Proviamo a tradurre il non-detto: cercare una mediazione per un passaggio intermedio mantenendo i vecchi organi (direzione e assemblea) cambia pochino. Alla faccia del rinnovamento.
Fuori dalla palude
Come si esce dalla palude? Le strade non sono molte: c’è la soluzione del passaggio del testimone in assemblea modello Zingaretti-Letta (con conservazione dei vecchi organi) ma appare una feritoia più che una finestra. C’è l’ipotesi della sfiducia al segretario: non sia mai. Lo strano Pd preferisce fare la guerra sotto terra ma abiura quella apertis verbis. Contenti loro. E poi c’è il congresso (autunno?) dove però l’ex Area 70 si tiene nel taschino l’asse pigliatutto: Luca Ceriscioli, novello Cincinnato che lascerebbe penna, cattedra e registro per ricompattare un area che può arrivare al 70 per cento del partito.
La partita diversa
E con Ceriscioli sarebbe una partita completamente diversa. Per ora è un fantasma che da Area 70 agitano con algida sicumera ma è l’avviso di sfratto per Gostoli e soprattutto un messaggio trasversale a Ricci e Mancinelli. Non è cambiato niente, appunto. Neanche nei dettagli. Perché se da lontano appare un grande affresco idealista, uno dei punti di caduta della storia, sicuramente il più concreto, è chi sarà il segretario che sceglierà i candidati da mandare a Roma alle prossime Politiche. E quali saranno la direzione e l’assemblea regionali che lo sosterranno. Poi che con Draghi il traguardo del voto si sia improvvisamente riallontanato è un particolare. La pole position si conquista ora. Per andare a Roma, per inciso, c’è già la fila: Ricci, Mancinelli, Morani, Casini, Bora, Mastrovincenzo, Verducci solo per aprire (e chiudere subito) il ventaglio. Occhio al calendario: per quel che può valere la prossima settimana c’è assemblea. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico