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ANCONA Ma perché mancano i medici di famiglia? Alla domanda - resa d’attualità da statistiche secondo cui nelle Marche c’è già un deficit di 150 camici bianchi, mentre altri 77 sono in uscita nel 2023 - ha provato a rispondere un’indagine condotta dalla Federazione medici di medicina generale della provincia di Ancona (dove al primo marzo è rilevata una carenza di 32 medici di famiglia) attraverso questionari sottoposti ai colleghi.
Costi e ricavi
«Nel primo questionario è emerso che i neo-convenzionati, a parità di pazienti assistiti, oggi percepiscono fino al 25% in meno rispetto ai colleghi in servizio da più tempo benché svolgano lo stesso lavoro - spiega la dottoressa Paola Lodolini, nuova segretaria della Fimmg della Provincia di Ancona -.
Gli incentivi
Davanti a una situazione del genere, che disincentiva la carriera nella medicina di base sul territorio, l’obiettivo delle segreterie provinciale e regionale «è perseguire la parità del lavoro cui deve corrispondere pari compenso. Questo sicuramente è uno dei primi passi per incentivare l’ingresso alla professione». Per quanto riguarda la disomogenea presenza dei medici di famiglia sul territorio regionale - evidenziata da un’indagine secondo cui nelle Marche il 57,6% dei medici di famiglia sarebbe in grado di accogliere altri assistiti, ma ci sono ampie zone scoperte specie nell’entroterra - il sindacato Fimmg chiede che nei territori a scarsa densità di popolazione, dove c’è carenza di medici, «si promuova il diritto alla salute grazie ad accordi locali per permettere a tutti i cittadini di avere un loro medico».
La promessa
La segretaria Lodolini ha letto con favore le parole dell’assessore regionale alla Salute Saltamartini, secondo cui la Regione farà di tutto «affinché il medico di base ritorni ad occuparsi solo della visita al paziente». In proposito la Fimmg ha già pronte delle proposte per la provincia di Ancona che garantiscano anche la continuità dei contratti di lavoro per i collaboratori di studio già dipendenti formati e con esperienza. «Siamo comunque favorevoli al contributo di altri operatori sanitari e sociali - assicura la Lodolini -, anche dipendenti del servizio sanitario regionale coinvolti nell’assistenza sul territorio, affinché massima sia l’attenzione alla difesa del diritto alla salute. Restiamo in fiduciosa attesa di essere convocati nei Tavoli di Concertazione Sindacale per concordare soluzioni adeguate».
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Corriere Adriatico