Marco Giovagnoli, docente di Sociologia dei processi economici a Camerino: «Costa-entroterra, che divario. Servono politiche sul lavoro»

Il sociologo Marco Giovagnoli: «Costa-entroterra, che divario. Servono politiche sul lavoro»
Un indice di fecondità molto basso, con un calo molto più sostenuto della media italiana, un’età media delle madri al primo figlio di 31,1 anni e, dal...

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Un indice di fecondità molto basso, con un calo molto più sostenuto della media italiana, un’età media delle madri al primo figlio di 31,1 anni e, dal punto di vista occupazionale, poco più di una donna su due (58,6%) che lavora. 

Marco Giovagnoli, professore di sociologia dei processi economici e del lavoro all’Università di Camerino, come vanno interpretati questi dati? 
«Come dati che confermano un pessimo trend». 
Ci spieghi meglio.
«Più di tanto, non ci possono sorprendere perché sono coerenti con i modelli di sviluppo nazionali. Nelle Marche come in tutta Italia c’è una bassa occupazione femminile e anche una bassa occupazione giovanile e c’è una tarda genitorialità. Tuttavia, in quest’andamento generale del paese, ci sono le peculiarità marchigiane».  
Ossia?
«Confermano che la nostra regione ha perso lo slancio di cui si era ammantata da anni e che i tanti campanelli di allarme giunti negli anni non sono stati ascoltati». 
Quali? 
«Alcune statistiche marchigiane seppure si iscrivano nelle tendenze nazionali ed internazionali sono peggiori e dimostrano l’indebolimento di una regione che si intestardisce a seguire vecchi modelli e non s’interroga. Va preso atto che il noto modello marchigiano, qualsiasi cosa abbia prodotto nel bene e nel male, è decisamente arrivato a fine corsa. Ma la classe dirigente che lo ha prodotto e, in parte, cullato non vuole rendersene conto e, di conseguenza, continua a perdere il treno del rilancio». 
Quali sono gli indicatori che testimoniano la “regressione” delle Marche? 
«Il fatto che abbiamo una denatalità del 4,8% su base annua molto più importante della media italiana. Anche se quello che considero davvero allarmante è la bassa occupazione delle donne. La prova che la classe dirigente ha sempre un occhio dietro alle spalle e non alza lo sguardo verso il futuro. È palese nella non integrazione delle donne straniere nel mondo del lavoro. E questo non è un problema di oggi, ma di ieri. Anzi dell’altro ieri. Basterebbe creare dei percorsi specifici al fine di coinvolgere tutti, ma proprio tutti e tutte, nello sviluppo della regione. È così che si inizia a modificare una mentalità patriarcale». 
Propone delle soluzioni? 
«Per la denatalità, ci vogliono misure di ampio respiro».
Il Governo di recente ha adottato delle misure specifiche per favorire la natalità.
«Potrebbero non bastare. I posti negli asili nido rimangono del tutto insufficienti ma è aumentandoli e controllando i costi delle rette che si riesce a far cambiare idea alla coppia sul quando avere figli, come lo stanno facendo altri paesi europei e si impone un cambiamento al sistema paese. La politica della famiglia è sostenuta da misure non ancora abbastanza adeguate. In ogni caso nelle Marche, il problema è ancora più grave».
Perché? 

«Per quel dualismo che non si riesce a colmare tra la costa e l’entroterra o le aree interne dove lì ci sono ancora meno servizi e tutto è sempre un problema. Dalla sanità alla mobilità, dai trasporti agli asili. È con i servizi e serie politiche attive di lavoro che coinvolgono più di tutto le imprese, che si fanno le riforme e si gettano le basi per nuove e positive dinamiche in grado di cambiare trend e statistiche». 
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Corriere Adriatico