Marche, binari dell’800 e strade mini. L'obiettivo è chiaro: «L’isolamento dal resto d'Italia va spezzato»

Il workshop organizzato ieri dall’Istao, la scuola manageriale di Ancona

Binari dell’800, strade mini. E un obiettivo chiaro: «L’isolamento va spezzato»
ANCONA  - Le Marche? Una regione isolata dal resto d’Italia. È quanto emerge dal workshop organizzato ieri dall’Istao, la scuola manageriale di Ancona...

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ANCONA  - Le Marche? Una regione isolata dal resto d’Italia. È quanto emerge dal workshop organizzato ieri dall’Istao, la scuola manageriale di Ancona intitolata ad Adriano Olivetti. I nodi da dirimere sono parecchi. C’è ad esempio l’aeroporto: il rilancio è partito, è vero, ma ancora molto c’è da fare. Presto partiranno i voli giornalieri per Milano, Roma e Napoli così come i collegamenti con Parigi e Londra. Entro il prossimo anno, invece, potrebbero aggiungersi al novero delle località raggiungibili Berlino e Francoforte. Ma c’è anche il porto di Ancona, snodo fondamentale per lAdriatico ed il Mediterraneo. 

 


Gomma e rotaie


Il problema arriva quando la merce comincia a spostarsi su gomma. Basta pensare all’A14 con la terza corsia “monca” che non arriva fino al Sud della Regione o ai collegamenti verso l’interno ancora da rivedere (Pedemontana delle Marche in primis). Infine c’è la rotaia, ovvero la Linea Adriatica.  «La ferrovia è la stessa i cui binari furono posati a fine dell’800» ha ricordato Mario Baldassarri, presidente dell’Istao. Urge dunque l’alta velocità, già completata per buona parte sul versante tirrenico della Penisola.

I problemi


I problemi delle imprese marchigiane, però, sono anche altri. Li hanno raccontati nel corso di un apposito panel organizzato dall’Istao e moderato dal direttore del Corriere Adriatico, Giancarlo Laurenzi. «Il problema del personale è determinante» secondo Emanuele Pepa, Confartigianato Marche. «Le aziende hanno bisogno di forza lavoro competente e formata» ha spiegato. Ecco, la manodopera. I settori che hanno fatto grandi le Marche li conosciamo tutti e sono diversi: elettrodomestici, moda, calzature. Tutti comparti che hanno subito, almeno a livello regionale, una forte crisi. La colpa? Difficile attribuirla ad un soggetto soltanto. Si può pensare allo spostamento dell’attività manifatturiera all’estero, ad esempio: quello che si costruiva qui, ora lo si costruisce in Cina o in India. Ecco perché Claudia Mazzucchelli, Uil Marche, ha puntato tutto sulla formazione. «Vogliamo guardare a Berlino o Shangai e far diventare le Marche la Cina d’Italia?» è la sua provocazione.

La debolezza

 

Salvatore Giordano, Confindustria Pesaro Urbino, ha guardato invece al tipo d’impresa che popola le Marche. «La manifattura è per il 70% subfornitura. La debolezza deriva dal fatto che produciamo poco valore aggiunto» ha spiegato. Quindi? Servono tante cose. Prima di tutto certezze: «prospettive che diano sicurezza agli imprenditori che vogliono investire» secondo Paolo Silenzi, Cna Marche. E accesso al credito facilitato, oltre che una digitalizzazione che non tagli fuori la micro e piccola impresa. «Dovremo lavorare assieme per garantire un futuro alle Marche ed ai nostri figli» ha concluso Marco Pierpaoli, segretario di Confartigianato Imprese Ancona e Pesaro Urbino.

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Corriere Adriatico