ANCONA - Bombe d’acqua, fulmini e saette: l’estate resta in letargo e le Marche fanno i conti con un clima sempre più pazzo. Tanto che dopo un dicembre mai...
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«L’intensità e la localizzazione - spiega Francesco Iocca, meteorologo della Protezione civile della Regione Marche - sono una grossa incognita perché, rappresentando un singolo temporale come un cerchio, si parla di un diametro di due-tre chilometri». Il lavoro dei tecnici, tuttavia, resta comunque fondamentale. «Durante un temporale - aggiunge Iocca - teniamo costantemente monitorato il territorio così siamo in grado di fornire previsioni now cast che possono essere utili per gli interventi che si rendessero necessari».
Gli esperti di meteo tendono a ridimensionare l’eccezionalità di tutto ciò che ai profani appare straordinario. Così accade anche in questo caso, quando si passa a parlare di Recanati e Servigliano, le ultime due bombe d’acqua che riguardano le Marche. «La primavera - afferma Iocca - è un periodo di instabilità da sempre e i temporali sono fenomeni tipici di questo periodo. Certo, questa intensità è molto forte e potrebbe rientrare in un discorso generale di cambiamenti climatici ma è bene precisare che non esistono ancora evidenze scientifiche in questo senso».
In sintesi: a livello mondiale è stato dimostrato che la maggiore energia derivata dal riscaldamento globale provoca la estremizzazione dei fenomeni, ma mancano studi specificatamente destinati alle nostre latitudini. Ma come nasce una bomba d’acqua? Ci spostiamo al Centro di Agrometeorologia dell’Assam a Treia. «L’origine di tanta variabilità - dice Danilo Tognetti - è da attribuire ad un’area di bassa pressione sull’Oltralpe che si è andata ad incastrare a sud di un ampio campo anticiclonico, capace di far penetrare al di sotto dell’arco alpino flussi freddi i quali, mescolandosi con l’aria calda presente sul centro del Mediterraneo, anche perché le giornate sono lunghe e siamo pur sempre all’inizio dell’estate, danno origine ad un’intensa e diffusa attività termo-convettiva”. Insomma, uno scontro in quota di cui si pagano le conseguenze a terra. Nei campi ne fanno spese le colture, nei centri abitati strade e scantinati.
Le saette che incendiano i cieli sono l’altro fenomeno che, in questo periodo, caratterizza il meteo delle Marche. Esiste una contabilità, tenuta da un istituto specializzato che si chiama Cesi, che però è solo indicativa per quanto riguarda le Marche. «I dati che abbiamo a disposizione - dice ancora Iocca - riguardano un’area molto vasta che dalla Toscana alla Croazia e dall’Emilia al Tronto».
Sono pure numeri che danno conto della elevata frequenza: domenica, giorno dell’alluvione a Recanati, complessivamente, all’interno dell’area sono caduti 13.545 fulmini. Il giorno successivo, quando c’è stato il nubifragio di Servigliano, ne sono stati contati 37.467. In sole 24 ore, in sostanza, il numero di fulmini è triplicato. Le cartine indicano, tuttavia, che non c’è una stretta correlazione tra fulmini, che sembrano prediligere la costa, e bombe d’acqua che invece si scatenano nel versante collinare. Coraggio, infine, andrà peggio. Le previsioni per l’inizio di giugno non sono affatto incoraggianti: il clima di instabilità continuerà ancora per qualche giorno. Poi, forse, l’estate si sveglierà dal letargo. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico