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ANCONA - C’è un problema di fondo che le Marche non riescono a scrollarsi di dosso. È quello di una divisione fra i territori che si ripercuote inevitabilmente in tutte le stanze dei bottoni, da Roma ad Ancona. Ma oltre ai campanili che non si riescono a superare fino in fondo, il nodo numero due che lascia la regione sempre nelle retrovie, riguarda la classe dirigente di una politica sempre più annacquata nei contenuti e nei profili.
Di esempi i presidenti delle Confindustrie territoriali ne hanno fatti parecchi. Regioni come le Marche - leggi l’Abruzzo - o anche più piccole - vedi la Basilicata - sono riuscite in questi anni a ricavarsi spazi importanti anche a livello governativo. Le Marche no. Restano indietro, si lasciano sfuggire le occasioni migliori per mettere finalmente un punto a progetti attesi per decenni e mai realizzati. E poi gli imprenditori: che chiedono infrastrutture logistiche e non solo per cercare di rilanciate le aziende in un momento strategico e altrettanto difficile. Cosa succederà dopo il Covid? La domanda riecheggia nei palazzi del potere.
Corriere Adriatico