Autorità portuale, chance al lumicino per Africano anche se Fratelli d'Italia insiste. La parola decisiva al ministro Giovannini

Chance al lumicino per Africano anche se Fratelli d'Italia insiste. L'ultima decisiva parola al ministro Giovannini
ANCONA - Spiazzato, sconcertato e in silenzio. Chi gravita intorno al ministero delle Infrastrutture dipinge proprio così, Enrico Giovannini, titolare dell’incarico...

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ANCONA - Spiazzato, sconcertato e in silenzio. Chi gravita intorno al ministero delle Infrastrutture dipinge proprio così, Enrico Giovannini, titolare dell’incarico nel cui alveo questa settimana è esploso il caso-Africano. Bocciato al Senato e promosso alla Camera, il presidente nominato per l’Autorità di sistema portuale Adriatico centrale è atterrato in una landa desertica dove solo l’ex presidente di Ap Napoli, Pietro Spirito era transitato a fine 2016. 

 

Anche lui con un parere sfavorevole su due in Parlamento, alla fine, gli andò di lusso: l’allora ministro Delrio si prese la responsabilità e confermò la nomina. Ma Delrio aveva un sostegno politico, Giovannini nascendo come tecnico, no. Per questo il tam tam romano attribuisce scarse probabilità di sopravvivenza alla nomina fatta dal ministro. E con Lega e Pd pesantemente di traverso, questo è quanto, per ora. Di più: c’è un fattore contestuale piuttosto ingombrante: tra sei settimane l’Autorità portuale di Ancona avrà a fine scadenza anche il segretario Matteo Paroli per cui lo stallo iniziato con la proroga di Giampieri è destinato pericolosamente ad allungarsi oltre i sette mesi. Quindi, scartando l’idea della riapertura della call per la presidenza (troppo lungo l’iter): o ci sarà un a nomina esterna ai quattro candidati oppure si finisce dritti in una gestione commissariale.

Anche perché le posizioni si sono incardinate, se non inasprite. In silenzio Acquaroli, la voce di Fratelli d’Italia è quella del commissaario Marche Prisco che dopo il voto netto della Camera chiede al Ministro di sbloccare «presto la nomina dell’Autorità Portuale» di Africano. 


Spiega che «il voto alla Camera ha ribaltato in maniera chiara l’espressione della commissione in Senato, forse condizionata in anticipo dall’annuncio di quella che sarebbe stata la relazione fatta poi alla Camera». Parla di «requisitoria pretestuosa» su Africano e poi mette il ministro nel mirino. «Se dovesse accettare la tesi sostenuta dal Pd, il governo e la maggioranza dovrebbero prendere atto di una nomina proposta con un curriculum non verificato e inadeguato e sarebbe francamente inaccettabile». Non una parola da Prisco sulla Lega, oggi convitato di pietra al tavolo del centrodestra. Un silenzio che non preannuncia nulla di buono. 


Ma Marchetti che mercoledì ha condiviso tutto con Rix si muoverà dalla sua posizione: «Facciamo un passo indietro su Africano. L’astensione della Lega testimoniache la lealtà nei confronti degli elettori per noi è prioritaria e vale ben più di interessi politici. Sono emersi elementi poco chiari che avrebbero dovuto indurre anche le colleghe pentastellate Terzoni ed Emiliozzi a una riflessione» precisa Marchetti. Che rincara: «La loro è una caccia alle poltrone. Sembra tramontato il tempo dell’uno vale uno e del merito che va coltivato a discapito delle raccomandazioni. Insomma, a guardarli oggi, i 5 Stelle sono diventati peggio di tutto ciò che ci hanno raccontato di voler combattere».

 

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Corriere Adriatico