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ANCONA - La mobilità passiva ospedaliera - per un buon 50% verso l’Emilia Romagna - ha drenato dalle casse della sanità marchigiana una media di 114.028.858 euro l’anno tra il 2017 ed il 2021. Cifra che sale a 152 milioni di euro se parliamo di mobilità passiva sanitaria in generale. Una stortura che ha indebolito il sistema regionale. I dati, elaborati da uno studio commissionato alla facoltà di Economia dell’Università Politecnica delle Marche, sono stati inseriti, quale base di partenza, nel Piano socio sanitario 2023-2025, proprio in questi giorni al vaglio degli stakeholder del settore.
Invertire il trend
Come ricetta per invertire il trend, il governatore Francesco Acquaroli aveva parlato della necessità di «riportare i servizi sui territori, come intendiamo fare con la riorganizzazione delle aziende sanitarie». Parole pronunciate anticipando, negli scorsi mesi, alcuni elementi dello studio e che ora devono essere tradotte in azioni concrete da inserire nel Piano. Prendiamo in esame la mobilità ospedaliera, che da sola rappresenta oltre il 75% del totale. L’Emilia Romagna è regione a più alta capacità attrattiva: le sue strutture ospedaliere erogano circa il 50% dei ricoveri di residenti marchigiani che decidono di migrare. Seguono la Lombardia con il 13% circa, l’Umbria e il Lazio con percentuali attorno all’8- 9%. «I deflussi di mobilità - viene spiegato nel Piano socio sanitario - sono principalmente ascrivibili a casistiche di complessità medio-alta (relativi all’area ortopedico-traumatologica e cardiologica interventistica) e diretti non solo verso le regioni limitrofe».
La scelta
Tradotto: la ragione per cui i marchigiani scelgono di curarsi altrove non è solo legata a questioni di prossimità geografica, come si potrebbe pensare nel caso della provincia di Pesaro - quella che paga il pegno più alto in termini di mobilità passiva - con l’Emilia Romagna. «La migrazione - la spiegazione che viene data nel documento - può derivare in parte da scelte connesse ad aspetti qualitativi del servizio percepiti dal paziente e, in parte, dalla presenza nel territorio a nord delle Marche di poli ospedalieri di eccellenza (ad esempio, il polo ortopedico-traumatologico Istituto Rizzoli di Bologna)».
Il focus
«Si sottolinea che il contributo delle strutture private alla mobilità attiva - è ancora il Piano socio sanitario a tirare le somme - è molto significativo per i ricoveri associati alle specialità di area ortopedico-traumatologica, neurologica e di chirurgia generale. Per l’area cardiologica interventistica, invece, emerge il rilevante contributo alla mobilità attiva fornito dall’Azienda ospedaliero universitaria delle Marche». Focalizzando l’attenzione sul 2019 - l’ultimo con dati consolidati al netto del biennio nero del Covid che, inevitabilmente, falsa anche i dati sulla mobilità - il saldo regionale presenta un valore negativo pari a 27 milioni di euro. Saldo che, considerando le entrate di mobilità attiva generate dalle strutture pubbliche mostra un valore negativo pari a circa 76 milioni di euro.
La differenza
La differenza, di 49 milioni di euro, è relativa ai ricoveri erogati a cittadini non residenti dalle strutture private convenzionate. «Ciò porta ad evidenziare che, soprattutto in alcune Ast, molto alto è il contributo delle strutture private al raggiungimento di elevati valori di mobilità attiva», le conclusioni tratte nel documento. Un’analisi a 360 gradi che dovrà rappresentare per la giunta le fondamenta su cui costruire il nuovo sistema sanitario post riforma, cercando di invertire il trend negativo della mobilità passiva, da sempre spina nel fianco della sanità marchigiana.
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