Medici ambulatoriali e pediatri di famiglia in stato di agitazione

Medici ambulatoriali e pediatri di famiglia in stato di agitazione
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ANCONA - Dopo molti «tentativi di dialogo senza risposta» e a causa di un «grave e perdurante disagio dovuto a politiche orientate esclusivamente alla gestione emergenziale e attente solo al risparmio», la medicina convenzionata entra in stato di agitazione. A dichiararlo ufficialmente oggi sono Federazione italiana medici di medicina generale(Fimmg), Federazione Italiana Medici Pediatri (Fimp), Sindacato Unico di Medicina Ambulatoriale Italiana (Sumai) e Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani (Snami).




Dichiarandosi anche pronti a far ricorso all'arma dello sciopero, in una lettera a Governo e Regioni, i sindacati denunciano «una situazione diventata insostenibile, caratterizzata da dibattiti ed interventi sulla sanità in termini di spesa e mai di investimenti».



A far salire la tensione una serie di provvedimenti «inopportuni ed iniqui» che nelle ultime settimane hanno esasperato il confronto. Dal decreto ministeriale sull'appropriatezza prescrittiva, che prevede sanzioni per il medico in caso di comportamento prescrittivo non conforme, ai tagli alla sanità e il mancato finanziamento che «sotto la maschera della lotta agli sprechi, stanno producendo una drastica riduzione dei livelli di assistenza e dell'accesso alle cure».



A questo si aggiunge l'introduzione di sanzioni per i camici bianchi in caso di mancata o errata trasmissione dei dati sulla spesa sanitaria dei pazienti, ai fini del 730, che «con l'alibi della semplificazione della pubblica amministrazione, impone ai medici procedure di rendicontazione fiscale conto terzi che poco c'entrano con i processi di cura». Problemi nuovi che si sommano a quelli ormai diventati storici, sottolineano il segretario Fimmg Giacomo Milillo, il presidente Fimp Giampietro Chiamenti, il presidente Snami Angelo Testa e il segretario Sumai-Assoprof Roberto Lala.



Come «il progressivo impoverimento numerico e retributivo della categoria, l'espulsione dai processi decisionali, 7 anni di blocco delle convenzioni, disoccupazione, precarietà, emigrazione e intollerabile confusione nell'accesso alla formazione». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico