L'apertura di Elica: «Pronti ad ascoltare proposte per tenere la produzione in Italia»

L'apertura di Elica: «Pronti ad ascoltare proposte per tenere la produzione in Italia»
FABRIANO  - Elica è pronta al dialogo per verificare tutte le strade utili al mantenimento del lavoro in Italia. Dialogo che, ovviamente, il management...

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FABRIANO  - Elica è pronta al dialogo per verificare tutte le strade utili al mantenimento del lavoro in Italia. Dialogo che, ovviamente, il management dell’azienda leader nella produzione di cappe aspiranti per cucina intende portare avanti con le istituzioni a ogni livello (Regione Marche e ministero dello Sviluppo economico, in primis) e con le organizzazioni sindacali. La volontà di rivedere in maniera concreta il piano di riorganizzazione, che tanto sta facendo discutere da oltre due mesi, è stata espressa ieri dai vertici di Elica dopo il confronto con la Regione, svoltosi ieri in videoconferenza. 

 


E sarebbe stata proprio la presa di posizione della giunta regionale, in questa circostanza certamente più energica del solito, uno dei fattori che ha indotto i manager «ad ascoltare eventuali proposte – si legge in una nota lunga e dettagliata dell’azienda – su come mantenere le produzioni in Italia, con lo scopo di salvaguardare gli obiettivi di competitività che il mercato impone e che sono il presupposto fondamentale del piano presentato a fine marzo». 


Il dialogo potrà anche essere pieno di insidie, beninteso, ma intanto l’amministrazione regionale ha preteso da Elica maggiore chiarezza in merito agli orientamenti e ai punti sui quali focalizzarsi, perché soltanto in questo modo potrà capire come intervenire con efficacia nella vertenza. Nel ricordare le perdite pari a 21,5 milioni di euro relative all’ultimo quinquennio e la concorrenza sempre più sfrenata che caratterizza il mercato delle cappe da cucina, l’azienda, da un lato, ha ribadito che il piano industriale rappresenterebbe l’unica strada percorribile, ma, dall’altro, ha ostentato la volontà di rivedere tutti gli elementi del piano stesso, fermo restando l’obiettivo di dare un futuro competitivo a tutto il gruppo. 


Ed è su tre punti, in sostanza, che Elica propone di incentrare il confronto: ulteriori prodotti da realizzare in Italia; revisione del modello organizzativo dello stabilimento di Mergo; diversificazione industriale dell’area. Riguardo al primo argomento, l’azienda si dice «pronta a cercare di individuare alcuni prodotti che, grazie all’elevata specializzazione e alla qualità della manodopera, potrebbero continuare a uscire dalle linee di produzione italiane, con l’obiettivo di ridurre l’impatto del piano industriale e cercare di mantenere quanto più possibile lavoro in Italia. La discussione consentirà di selezionare, per lo stabilimento di Mergo, prodotti di alta gamma, cioè Made in Italy, per i quali Elica è famosa in tutto il mondo». 


Proprio la revisione del modello organizzativo dell’impianto di Mergo (attualmente vi lavorano 470 persone) rappresenta il secondo punto su cui, secondo il management, si potrebbe focalizzare l’attenzione. «Siamo pronti a mettere in discussione il modello organizzativo del sito produttivo di Mergo – fa sapere l’azienda – per cercare di mettere a punto forme di flessibilità dell’orario di lavoro con criteri, modalità e soggetti interessati che potranno essere individuati di concerto con le organizzazioni sindacali». In riferimento alla diversificazione industriale, Elica ricorda che «fin da subito ha messo a disposizione gratuitamente lo stabilimento di Cerreto d’Esi (90 sono gli addetti, ndr) per facilitare, appunto, l’azione diversificante. Allo stato attuale, abbiamo concrete manifestazioni di interesse da parte di imprese che sono disponibili a installare le proprie attività, dando la possibilità di ricollocamento a parte del personale attualmente impiegato da Elica». 


I vertici di palazzo Raffaello ieri non hanno voluto commentare il comunicato di Elica ma hanno fatto cenno su «osservazioni importanti presenti nel comunicato». È appena il caso di ricordare, infatti, che il nuovo piano industriale, così come prospettato il 31 marzo scorso, oltre a una marea di esuberi (409 dipendenti sui 560 totali delle fabbriche di Mergo e Cerreto d’Esi) e al trasferimento del 70% delle produzioni italiane all’estero, contempla proprio la chiusura del sito cerretese e di interi reparti di quello di Mergo.

 

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Corriere Adriatico