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ANCONA - A due settimane esatte dal ritorno in presenza al 50% nelle scuole superiori, si traccia un bilancio della situazione del contagio da Covid tra i banchi. L’Ufficio scolastico regionale, fa sapere il direttore Marco Ugo Filisetti, sta raccogliendo i dati e riportando la mappatura delle classi in quarantena nel sistema informativo dell’Usr.
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«Dati che riferiremo al tavolo di confronto del mondo della scuola convocato per il 15 febbraio – precisa –. La messa in quarantena è disposta dall’Asur, autorità preposta a queste decisioni, in relazione ai contatti diretti (compagni di classe, ed anche docente nelle primarie e nelle scuole per l’infanzia) che si sono verificati all’interno degli istituti con persone risultate positive al tampone».
Dalla mappatura finora approntata, emerge che, al 5 febbraio, sono 180 le classi in quarantena nella regione, al netto della provincia di Macerata per la quale i dati non sono ancora disponibili.
Report dal quale era emerso che, nella nostra Regione, tra il 31 agosto ed il 27 dicembre, erano stati rilevati 174 focolai attivi di probabile origine scolastica – numero che ci accomuna ad un territorio ben più vasto, come la Toscana, ma non tra i più alti d’Italia –, con un picco di 34 tra il 26 ottobre ed il 1 novembre, seguito dai 28 della settimana successiva. Considerando l’andamento della curva epidemiologica per classi di età, il picco è stato raggiunto prima per gli adolescenti di 14-18 anni e 11-13, seguiti dai bambini delle primarie di 6-10 anni e, infine, da quelli delle scuole per l’infanzia di 3-5 anni. Una prima stretta sulla scuola, Palazzo Raffaello la dà il 24 ottobre, con un’ordinanza che fissa al 50% la dad alle superiori. Percentuale salita al 75% a stretto giro di posta per arrivare al 100% al 3 novembre. Dato l’andamento sostanzialmente stabile della curva epidemiologica, la Regione ha optato per un rientro in classe in presenza al 50% alle superiori dal 25 gennaio e, da oggi, l’impatto sui contagi non sembra essere particolarmente evidente.
Ma una delle problematiche sollevate dallo studio dell’Iss è stato proprio il fatto che, nell’analisi dei dati sui focolai, «spesso non è stato possibile stabilire con certezza che la trasmissione sia avvenuta in ambito scolastico e che la scuola sia stata la fonte di infezione». In molti casi è impossibile distinguere «tra trasmissioni che avvengono in classe e quelle legate ad attività e comportamenti al di fuori della scuola, come l’uso di trasporti pubblici o le attività del tempo libero».
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Corriere Adriatico